Ci sono dei fatti che non possono essere negati sul tema della produzione di carne e sulla sua sostenibilità economica, ambientale e etica. E’ per questo che nel giro di 20 anni il 60% della carne che consumeremo sarà o vegetale o coltivata in laboratorio.
A spiegarlo chiaramente un nuovo report stilato dalla A.T. Kearney una delle più importanti agenzie mondiali che si occupa di consulenza di gestione globale e si concentra su questioni strategiche e operative che riguardano aziende, governi e istituzioni in tutto il mondo.
“Inefficiente”
Il primo problema legato alla produzione della carne, spiega il report, è il suo sistema di produzione che non è economicamente efficiente poiché perché prevede uno sforzo produttivo e un dispendio di risorse enormi al fine di ottenere in cambio poche calorie di cibo. Questo aspetto viene definito “tasso di conversione inefficiente“:
Servono circa 7 kg di cereali sotto forma di mangime in peso secco per produrre 1 kg di peso nei bovini vivi, circa 4 kg di cereali in peso secco per 1 kg di peso vivo per i suini e, per il pollame, poco più di 2 kg in peso secco. Tuttavia, poiché si tratta del peso di animali vivi e non di carne in quanto prodotto, tutti i sottoprodotti – che rappresentano circa il 40% del peso vivo – devono essere sottratti.
E come funziona invece con i cereali?
Tenendo presente che la carne ha in media le stesse calorie per kg di grano, mais, riso e soia, la conversione del 46% della produzione mondiale di mangime in carne fornisce meno del 7% delle calorie alimentari disponibili a livello mondiale. Questo a sua volta implica che il 44% dell’attuale produzione agricola globale (37% più 7%) sarebbe sufficiente per nutrire la maggior parte degli esseri umani.
Il cibo c’è
Il dato ancora più incredibile è che, stando a queste analisi, se i cereali e i legumi prodotti attualmente nel mondo venissero impiegati per l’alimentazione umana e non per quella animale, potremmo dare da mangiare ad altre 7 miliardi di persone.
Il secondo tema affrontato è che per affrontare questo problema i prodotti sostitutivi della carne attuali, consumati principalmente da chi è già vegetariano o vegano (o da chi presenta intolleranze ed allergie, oppure patologie che necessitano una diminuzione drastica del consumo di grassi saturi), non sono una soluzione perché hanno un appeal sensoriale troppo poco efficace su chi acquista. In poche parole, i burger di verdure, i formaggi 100% vegetali, etc, non rappresentano per la maggior parte dei consumatori una vera alternativa di gusto e quindi avranno, secondo il report, molta meno possibilità di crescere sul mercato. Al contrario:
I nuovi sostituti vegani della carne e la carne coltivata hanno il potenziale di modificare l’industria della carne “convenzionale” per un valore di 1.000 miliardi di dollari. Questa previsione avviene in linea con le valutazioni degli esperti del settore che spesso si riferiscono ai nuovi sostituti vegani della carne con il nome di “Generazione 0” e per la carne coltivata con il nome di “Generazione 1”.
Cosa dovranno fare i vegani?
Il report chiarisce inoltre come gli investimenti globali stiano già andando in quella direzione e non solo da parte di finanziatori illuminati o lungimiranti ma anche da parte delle stesse grandi major internazionali della carne come Tyson Foods, o Cargill.
Prodotti vegetali come Impossible burger, Beyond Meat, Incredible Burger e simili insieme alla ancora acerba carne creata in laboratorio, insomma, sono secondo questa analisi riportata anche dal The Guardian, la strada da seguire.
Questo nuovo approccio potrebbe davvero mettere in difficoltà e perturbare il mercato della carne, creando un effetto pratico su miliardi di animali che non verrebbero più fatti nascere solo per diventare macchine metaboliche finalizzate all’alimentazione di uomini che, ormai è chiaro, non hanno bisogno di mangiarli e che ritroveranno gusto, sensazioni olfattive e approvvigionamento nutrizionale in altri prodotti vegetali o di sintesi.
Il mercato globale, per trovare davvero una soluzione pratica, sta guardando alle masse e a coloro i quali non vogliono rinunciare a carne e pesce. Detto questo è evidente che il movimento antispecista e vegano ha avuto ed avrà un ruolo fondamentale in questo senso. Ma ora la sfida è diversa: dovrà essere capace di parlare sempre a più persone e di far passare in modo corretto concetti e analisi che di per sé ha già fatto senza la necessità di “surrogati”.