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“Food for profit”: il documentario che svela le connessioni fra allevamenti intensivi, lobby e politica

“L’appello alla fine del film è forte e chiaro: dobbiamo fermare questo sistema corrotto se vogliamo salvare il pianeta. E noi stessi”. Il progetto è chiaro, il lavoro è stato lungo e pieno di difficoltà ma sembra che il docufilm “Food for profit” sia solo all’inizio della sua strada in salita verso il grande pubblico. Questo per un motivo semplice: mette occhi e orecchie negli ingranaggi enormi che collegano produzione di carne e formaggi a livello intensivo con lobby e politica, soprattutto a livello europeo.

Di cosa parla il documentario

Il documentario, prodotto e scritto dalla giornalista Giulia Innocenzi e dal fim maker italo-britannico Paolo D’Ambrosi, in 90 minuti mette insieme inchieste, interviste e immagini girate sotto copertura per raccontare “il filo che lega l’industria della carne, le lobby e il potere politico. Al centro ci sono i miliardi di euro che l’Europa destina agli allevamenti intensivi, che maltrattano gli animali, inquinano l’ambiente e rappresentano un pericolo per future pandemie”. Che i finanziamenti politici fossero una delle linfe vitali dell’attuale sistema della produzione intensiva non è un mistero. La stessa Greenpeace ne ha fatto cenno di recente insieme ad altre decine di associazioni nella proposta di legge per il superamento degli allevamenti intensivi sottoposta alla Camera dei Deputati italiana. “Di fatto l’attuale sistema zootecnico si regge su ingenti finanziamenti pubblici, che potrebbero essere investiti per una transizione che lo renda più sostenibile sotto tutti gli aspetti – si legge nel testo presentato – l’80% dei fondi europei per l’agricoltura italiana finisce attualmente nelle casse del 20% dei beneficiari. Un sistema che penalizza le piccole aziende e favorisce quelle più grandi: secondo i dati Eurostat l’Italia ha perso oltre 320 mila aziende in poco più di 10 anni (tra il 2004 e il 2016): un calo del 38 per cento tra le “piccole” paragonato ad un aumento del 21 per cento delle aziende “molto grandi” e del 23 per cento di quelle grandi”.

I produttori di “Food for profit” spiegano: “Qui troverete un viaggio illuminante e scioccante in giro per l’Europa, dove Innocenzi e D’Ambrosi si confronteranno con allevatori, multinazionali e politici. Con loro una squadra di investigatori che ha lavorato sotto copertura negli allevamenti dei principali paesi europei, svelano la realtà che si cela dietro le eccellenze della produzione di carne e formaggio. A Bruxelles, un lobbista è riuscito a portare con sé una telecamera nascosta là dove le decisioni vengono prese, raccogliendo informazioni sconvolgenti”.

Le prime difficoltà e la distribuzione del film

Giulia Innocenzi spiega sui social che il percorso del docu-film non è facile. Ben prima delle prime distribuzioni nelle sale. Al momento esistono due diffide e una minaccia di querela che pendono sulla testa della produzione. La prima diffida, spiega Innocenzi, è arrivata prima che il film fosse distribuito e a farla è una delle aziende che sono state investigate nel documentario. La seconda diffida, invece, arriva da un’altra azienda produttrice di carne che però, spiega sempre la giornalista, non è mai nemmeno stata citata nel progetto. La minaccia di querela, invece, arriva dall’eurodeputato del PD che al quotidiano Affari Italiani ha dichiarato:  “Nel documentario si evince una lettura drammatica della zootecnia. Quello fattomi è un insulto personale, se ne occuperanno gli avvocati”.

Come fare per vedere Food for profit

La produzione e la distribuzione del documentario è completamente indipendente e così anche per vederlo è necessario guardare la lista delle proiezioni direttamente sul sito che viene aggiornato quotidianamente. È anche possibile chiedere di organizzare una proiezione (magari in una università, associazione o al cinema di riferimento della propria città). I produttori stanno chiedendo più supporto possibile alla cittadinanza attraverso donazioni ma anche con condivisioni social e passa parola in modo che questo lavoro d’inchiesta possa giungere davanti agli occhi di più persone possibili.

Immagine di copertina: rielaborazione della locandina del docufilm ad opera della redazione di Vegolosi.it