Il web in questi mesi è stato invaso da storie strazianti di animali in difficoltà, uccisi o abusati: il gorilla Harambe, il giaguaro Juma. Quella che vi stiamo per raccontare è invece una favola commovente, quella di un giovane nutrizionista americano, di origine giapponese, che ogni giorno mette a rischio la sua vita per salvare i cani destinati al macello ed al commercio delle pellicce. Si chiama Marc Ching ed è il fondatore di Animal Hope & Wellness Foundation.
Mentre in Cina si tiene il tragico (e dagli stessi cinesi giudicato barbaro e superato) massacro di migliaia di cani per celebrare l’arrivo dell’estate con lo Yulin Dog Meat Festival, le campagne di mobilitazione per fermare questa terribile tradizione si moltiplicano: le proteste di animalisti, ambasciate, consolati, politici di tutto il mondo imbarazzano il governo di Pechino e ora anche le star di Hollywood prestano il loro volto per un video denuncia contro il consumo di carne di cane.
Proprio per la sua fondazione, Ching si è recato diverse volte in Cina e in Corea del Sud per poter salvare i cani dalla morte; durante il primo viaggio in Cina è stato catturato e preso in ostaggio ma nonostante ciò è riuscito a soccorrere un’anatra, una pecora e a liberare 57 cani. In totale nei suoi quattro viaggi in Asia, Marc ha addirittura rischiato di morire tre volte. E’ stato picchiato, derubato, gli hanno sparato ed è stato minacciato con un machete.
Situazioni spaventose che avrebbero scoraggiato chiunque ma non Ching:
“È veramente pericoloso, non lo consiglio. Nel mio primo viaggio andai per studiare i luoghi e svolgere una ricerca sui macelli a Pechino. Provai ad andare in un macello dove venni preso in ostaggio. Non è andata molto bene. A parte questo fatto, riuscii comunque a salvare 57 cani durante quel viaggio.
Non parlando il cinese, non posso portare con me un interprete perché il rischio è troppo alto. Così me la devo sbrigare da solo. Durante un altro viaggio, ebbi una soffiata e mi recai in un luogo dove ho visto un gruppo di persone che stavano scaricando dei cani da un furgone. Scattai delle fotografie ma quegli uomini si accorsero di me e così mi acchiapparono e sbattendomi a terra, iniziarono a picchiarmi: alcuni di loro mi reggevano le braccia e un altro mi prendeva a calci. Ad un certo punto mi ha dato un calcio così forte che sono balzato via e solo in quel modo sono riuscito a scappare”.
Marc non è però uno sprovveduto, e dopo varie avventure finite quasi in tragedia, ha capito che per non essere ostacolato la strategia da usare è di farsi passare per un compratore americano di carne di cane. Tutti i cani che riesce a salvare con questa copertura vengono poi accuratamente visitati da un veterinario e riportati pian piano in salute per essere pronti all’adozione che può avvenire sia in loco che negli Stati Uniti. In questo programma di ricollocazione dei cani, la “Animal Hope & Wellness Foundation” opera anche occupandosi di pet therapy, affidando gli animali a persone che hanno subito violenze e traumi a loro volta:
“Nella maggior parte dei casi si tratta di donne vittime di stupro. Storie traumatiche per le quali necessitano molto tempo prima di tornare ad una vita normale. In questi casi, mostriamo come un cane, vittima di qualsiasi tipo violenza, riesce ad amare una persona anche se è triste o è in un brutto periodo. Salvando i cani contribuiamo a salvare anche le persone”.
L’impegno contro il Festival di Yulin
Il lavoro di Marc, della sua compagna Valarie Ianniello e dei suoi sostenitori si moltiplica ovviamente durante il periodo del Festival di Yulin. Sarebbero 1.000 i cani recuperati solo nel primo giorno di festival: un’azione anche economicamente importante perché Ching non ruba i cani, ma li acquista (in altre occasioni è riuscito a convincere il proprietario del mattatoio a rinunciare al suo commercio, in cambio di un compenso per avviare una nuova attività) e dona loro una seconda possibilità introducendoli in rifugi e luoghi in cui potranno vivere felicemente.
“Questi cani sono nostri fratelli. Sono nostre sorelle. Sono nostri padri e madri. Sono bambini. Loro si meritano una possibilità. Mille respiri che sarebbero morti nell’oscurità. Mille vite che avrebbero sanguinato come il sangue che copre il pavimento”.
Un impegno forte quello di Marc Ching che ci aiuta a estendere la compassione e la pietà che questi cani istintivamente ci suscitano anche a tutti gli altri animali che, nel resto del mondo (come nei nostri allevamenti intensivi), vivono in condizioni simili, stipati, imbottiti di farmaci, in contesti sovraffollati e condotti alla morte per finire sulle nostre tavole.
Serena Porchera