Il 9 luglio l’Europa ha terminato le proprie scorte di pesce per il 2018, raggiungendo quello che viene definito Fish Dependence Day: a dirlo è il nuovo rapporto FAO, che analizza la situazione dell’acquacoltura e della pesca a livello internazionale. Secondo i dati, conseguenza diretta di questa situazione, sarà la necessità di importare pesce, crostacei e molluschi per soddisfare la richiesta dei consumatori: saranno soprattutto i paesi in via di sviluppo a dover soddisfare questa domanda, fino alla fine dell’anno. Il motivo è semplice: sempre secondo la FAO, il 33% degli stock ittici globali è in stato di sovrasfruttamento, il che significa che la popolazione mondiale consuma più pesce di quanto le risorse ittiche consentirebbero.
“Il Fish Dependence Day europeo è arrivato un mese prima rispetto a quanto accadeva nell’anno 2000 – ha dichiarato Donatella Bianchi, presidente di WWF Italia – fino a trent’anni fa l’Europa riusciva a soddisfare la propria domanda interna con pesca e allevamento locali fino a settembre o ottobre. Dobbiamo modificare le politiche globali, la richiesta e il consumo, in una direzione sostenibile, se non vogliamo esaurire il pesce rimasto a disposizione”. Bisogna chiarire, però, che il Fish Dependence Day non arriva per tutti i paesi contemporaneamente: in Europa, come Wwf sottolinea, “ci sono ancora alcuni paesi autonomi, ovvero, in grado di pescare e produrre quanto – o più di quanto – consumino internamente: questi sono la Croazia, i Paesi Bassi, l’Estonia e l’Irlanda“.
Risorse ittiche e acquacoltura: la situazione in Italia
Se la situazione in Europa è preoccupante, quella dell’Italia risulta essere ancora peggiore: il nostro paese, infatti, è “senza pesce“ dallo scorso aprile, esattamente come è successo nel 2017. In tre mesi, insomma, abbiamo esaurito tutte le risorse ittiche dell’anno ed è inutile sottolineare che la colpa è della pesca indiscriminata, che va avanti da anni e rappresenta il pericolo maggiore per i mari che rischiano di svuotarsi entro il 2048.
A queste problematiche, si aggiunge anche un risvolto etico da non sottovalutare: sono 100 miliardi i pesci che vengono allevati ogni anno negli allevamenti intensivi e, come ricorda Essere Animali, “miliardi di questi animali muoiono per soffocamento o vengono eviscerati mentre sono ancora coscienti“. In più, gli spazi in cui vengono stipati sono insufficienti per consentirgli una vita adeguata, senza contare che “è spesso sottovalutata la sofferenza degli animali marini, ma molti studi ormai hanno ribadito e sottolineato che provano dolore“.
Fish Plastic Day?
Donatella Bianchi ha messo in luce un’altra gravissima piaga che minaccia gli ecosistemi marini: “Dobbiamo inoltre considerare le nuove minacce, come l’incontenibile diffusione delle plastiche nei nostri mari, che entrando nella catena alimentare riducono ulteriormente la disponibilità di risorse ittiche. Dai prossimi anni il ‘Fish Dependance Day’ potrebbe essere sostituito dal ‘Fish Plastic Day’”.
Due recenti studi hanno infatti stabilito che le microplastiche che affollano i nostri mari, inghiottite involontariamente da pesci e crostacei, finiscono poi direttamente sulle nostre tavole: secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura, sono ogni anno 9,5 milioni le tonnellate di plastica che finiscono nelle acque di mari e oceani. Si tratta in larga parte di frammenti minuscoli e pervasivi, che preoccupano particolarmente gli scienziati non solo perché compromettono gli ambienti naturali, ma anche perché i loro effetti sulla salute umana ci sono largamente ignoti e ancora non è stato possibile stabilire il loro effettivo grado di tossicità.