Iniziamo con la domanda più importante di tutte: cos’è la direttiva Sup e cosa cambierà da adesso in poi per il consumatore? Con l’entrata in vigore della direttiva europea 2019/904 (nota come direttiva Sup che sta per “single use plastics”) a partire dal 14 gennaio, si dirà ufficialmente addio ad alcuni prodotti monouso in plastica e in plastica oxo-degradabile per promuovere l’entrata in commercio di prodotti più sostenibili (anche se per un po’ continueremo a trovarli nei supermercati perché è stato concesso l’esaurimento delle scorte). Gli oggetti nella lista al giorno d’oggi sono i seguenti: cotton fioc, posate, piatti, cannucce, contenitori per alimenti in polietilene espanso, aste per i palloncini e contenitori per bevande. Questi sono gli oggetti in plastica considerati i più inquinanti sulla base di diversi dati tra i quali uno ad esempio il fatto che rappresentino circa il 77% dei rifiuti marini sulle spiagge e sui mari d’Europa.
Come siamo arrivati alla Sup?
Fermiamoci per un secondo a riflettere su un secondo quesito fondamentale: come si è arrivati a questo punto? Come è successo che proprio la plastica, uno dei materiali più resistenti al mondo, sia stato utilizzato per realizzare prodotti usa e getta per poi essere banditi? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare per un momento un salto nel passato. Torniamo nel 1930 per esattezza, e scopriamo così che le stoviglie monouso (dopo la loro introduzione sul mercato a fine ‘800 per scongiurare la diffusione di malattie contagiose) iniziano ad essere osannate perché sinonimo di praticità, risparmio e velocità nell’epoca d’oro del consumismo. Da quel momento in poi, negli anni a seguire, qualcosa ci è letteralmente sfuggito di mano. Ed è stato in un batter d’occhio che si è arrivati alle isole di plastica negli oceani, alle microplastiche nei pesci e poi, finalmente, alla Sup. Perché? Secondo uno studio dell’Unep (United Nations Environment Programme) circa l’80% della plastica che si trova nei mari è il risultato di una scarsa o insufficiente gestione dei rifiuti a terra, dovuta in particolare ad una limitata capacità di riusare e/o riciclare i materiali plastici. Ed è stato così che uno dei materiali più innovativi della storia è diventato il simbolo dell’inquinamento mondiale.
Il malcontento degli attivisti
Ad oggi quindi decretare il divieto di alcuni prodotti in plastica monouso sembra essere un primo grande passo per arrestare, in minima parte, l’uso e il consumo spropositato che se ne è sempre fatto. Ma allora come mai, soprattutto gli attivisti per l’ambiente, non sembrano contenti di questa soluzione? Complice sarà senz’altro il ritardo di due anni con il quale arriva il nostro Paese. Ma in seconda analisi ci sono da prendere in considerazione altri fattori poiché rispetto al testo originale della direttiva approvato più di due anni fa dal Parlamento europeo e del Consiglio, la legge di recepimento italiana si differenzia per due punti essenziali: sono esclusi dall’ambito di applicazione sia i prodotti che presentano un rivestimento in materiale plastico quando si trova in quantità inferiore al 10% del peso dell’articolo stesso, sia i prodotti monouso in plastica biodegradabile e compostabile con almeno il 40% di materia prima rinnovabile (60% a partire dal 1° gennaio 2024), qualora non sia possibile ricorrere ad alternative riutilizzabili. Questo è sembrato essere un metodo per aggirare la direttiva nonostante la norma comunitaria preveda non ci sia distinzione tra le due.
Perché le bottiglie di plastica mancano all’appello
E infine non vi sembra manchi qualcosa? Che fine faranno le bottiglie di plastica? Pare che per queste ultime la procedura sarà diversa. Entro il 2025 dovrà avviarsi il riciclo del 77% dei prodotti immessi al consumo (e entro il 2029 del 90%) e sempre a partire dal 2025 le bottiglie in Pet dovranno contenere almeno il 25% di materiale riciclato (e entro il 2030 del 30%).
Quindi nonostante siano tra i primi oggetti a finire sulle spiagge e nei mari, non andranno incontro a particolari restrizioni ma sarà piuttosto ribadita la necessità di promuovere sistemi di raccolta differenziata più attenti e efficaci per i Paesi membri per raggiungere le percentuali di riciclo prefissate. Dunque si può considerare la Sup un passo in avanti in un sentieri tortuoso? Sì ma al di là delle restrizioni si deve disincentivare sempre di più l’acquisto del monouso e incentivare un maggiore controllo sulla raccolta differenziata per rendere meno dannosi i rifiuti che produciamo.
D.F