Vegolosi

Diritti degli animali: “Cani e gatti non dovrebbero stare con noi”

  

Cosa si intende realmente per “diritti degli animali”? L’idea generale è che si parli di un trattamento gentile, o di un tipo di allevamento più “etico”, di una macellazione più “umana” e di condizioni di vita migliori durante la permanenza con noi o nelle gabbie, ma esistono punti di vista differenti. L’attivista, filosofo e accademico Gary Lawrence Francione, per esempio, sostiene che non basti una buona condizione di vita per gli animali per essere sicuri di aver garantito loro dei diritti: “Quando si parla di diritti degli animali, stiamo parlando principalmente del diritto di non essere di proprietà”, spiega Francione in una recente intervista rilasciata al magazine Aeon.com.

Francione, che insieme ad Anna Charlton è autore dell’opera “Mangia con consapevolezza. Analisi sulla moralità dello sfruttamento degli animali” (2016), è uno dei più importanti e stimati filosofi contemporanei; Francione è convinto che “gli animali non umani hanno il diritto morale di non essere utilizzati esclusivamente come risorse umane, di non essere, quindi, oggetti di proprietà, indipendentemente dal tipo di trattamento che ricevono”. Una posizione ferma, dunque, che condanna qualsiasi tipo di sfruttamento animale da parte dell’uomo. Molti di noi sono contrari ad attività “sportive” quali la caccia alla volpe, la corrida o il combattimento tra cani semplicemente perché considerate immorali, inutili e cruente; ciò che ci porta a indignarci riguardo a queste pratiche è che hanno motivo di esistere solo per il semplice divertimento di chi le esercita, ma non hanno alcuna utilità pratica.

“Il problema è che il 99,9 % dei nostri usi di animali non umani sono moralmente indistinguibili dalle attività per cui la stragrande maggioranza di noi si indigna” afferma Francione. Per il filosofo, dal momento che non esiste alcuna evidenza scientifica che imponga il consumo di carne animale per la sopravvivenza umana, anche l’alimentazione onnivora dovrebbe essere considerata immorale al pari livello dei “bloodsports”, le attività sportive che prevedono l’uccisione o il ferimento degli animali coinvolti. “L’unico uso di animali che possa essere in qualche modo giustificato – afferma Francione – è il loro impiego nella ricerca scientifica per trovare cure per malattie gravi”.

Il filosofo va oltre, affermando che anche l’addomesticamento rappresenti una forma di sfruttamento da considerarsi immorale. “L’addomesticamento stesso solleva seri problemi morali indipendentemente da come vengano trattati gli animali non-umani coinvolti” afferma Francione” perché gli animali domestici sono completamente dipendenti dagli esseri umani in ogni aspetto della loro vita“. E il punto è proprio questo: l’addomesticamento esiste solo perché l’uomo vuole degli esseri viventi che dipendano in toto da lui, che siano servili e che abbiano caratteristiche conformi al proprio volere, indipendentemente da ciò che sia meglio per gli animali coinvolti. Questo, per Francione, risulta immorale al pari di qualsiasi sfruttamento: anche quando crediamo di allevare i nostri animali domestici in modo da renderli “felici” e da permettere loro di raggiungere il massimo grado possibile di benessere, il nostro rapporto con loro non sarà mai “naturale” e “sano” ma sarà sempre falsato dal fatto che – almeno legalmente – ognuno di noi ha il diritto di disporre come meglio crede dei propri beni mobili, accezione in cui rientrano (loro malgrado) anche cani, gatti, conigli e tutti gli animali comunemente considerati “domestici”.

Anche il più benevolo e amorevole dei padroni, quindi, dal punto di vista legale potrebbe anche non esserlo e questo basta, per Francione, a parlare di “sfruttamento”. A chi ribatte alla tesi del filosofo rispondendo che anche tra gli uomini è possibile una qualche forma di dipendenza, egli ha risposto che “tale dipendenza si opera sulla base di una scelta o comunque riflette decisioni sociali per la cura dei membri più vulnerabili della società. Inoltre, la natura della dipendenza umana non elimina l’esistenza dei diritti fondamentali di ogni individuo”. C’è anche chi, in maniera un po’ polemica, sostiene che la posizione di Francione non tenga conto degli aspetti positivi dell’addomesticamento anche dal punto di vista degli animali; il filosofo semplicemente ribatte che “qualsiasi forma di addomesticamento non esisterebbe se venisse riconosciuto agli animali il diritto di non essere di proprietà. Saremmo obbligati a prenderci cura degli animali domestici che attualmente esistono, certo, ma dovremmo anche fare in modo che non ne nascano altri destinati a questa condizione.”

In un mondo giusto ed equo per Francione “non ci sarebbe alcun animale domestico, non campi pieni di pecore e non granai affollati di maiali, mucche e galline ovaiole. Non ci sarebbero nemmeno acquari e zoo“.

Marchesini: “Animali come prodotti: è solo miopia umana”