Cosa si intende realmente per “diritti degli animali”? L’idea generale è che si parli di un trattamento gentile, o di un tipo di allevamento più “etico”, di una macellazione più “umana” e di condizioni di vita migliori durante la permanenza con noi o nelle gabbie, ma esistono punti di vista differenti. L’attivista, filosofo e accademico Gary Lawrence Francione, per esempio, sostiene che non basti una buona condizione di vita per gli animali per essere sicuri di aver garantito loro dei diritti: “Quando si parla di diritti degli animali, stiamo parlando principalmente del diritto di non essere di proprietà”, spiega Francione in una recente intervista rilasciata al magazine Aeon.com.
Francione, che insieme ad Anna Charlton è autore dell’opera “Mangia con consapevolezza. Analisi sulla moralità dello sfruttamento degli animali” (2016), è uno dei più importanti e stimati filosofi contemporanei; Francione è convinto che “gli animali non umani hanno il diritto morale di non essere utilizzati esclusivamente come risorse umane, di non essere, quindi, oggetti di proprietà, indipendentemente dal tipo di trattamento che ricevono”. Una posizione ferma, dunque, che condanna qualsiasi tipo di sfruttamento animale da parte dell’uomo. Molti di noi sono contrari ad attività “sportive” quali la caccia alla volpe, la corrida o il combattimento tra cani semplicemente perché considerate immorali, inutili e cruente; ciò che ci porta a indignarci riguardo a queste pratiche è che hanno motivo di esistere solo per il semplice divertimento di chi le esercita, ma non hanno alcuna utilità pratica.
Il filosofo va oltre, affermando che anche l’addomesticamento rappresenti una forma di sfruttamento da considerarsi immorale. “L’addomesticamento stesso solleva seri problemi morali indipendentemente da come vengano trattati gli animali non-umani coinvolti” afferma Francione” perché gli animali domestici sono completamente dipendenti dagli esseri umani in ogni aspetto della loro vita“. E il punto è proprio questo: l’addomesticamento esiste solo perché l’uomo vuole degli esseri viventi che dipendano in toto da lui, che siano servili e che abbiano caratteristiche conformi al proprio volere, indipendentemente da ciò che sia meglio per gli animali coinvolti. Questo, per Francione, risulta immorale al pari di qualsiasi sfruttamento: anche quando crediamo di allevare i nostri animali domestici in modo da renderli “felici” e da permettere loro di raggiungere il massimo grado possibile di benessere, il nostro rapporto con loro non sarà mai “naturale” e “sano” ma sarà sempre falsato dal fatto che – almeno legalmente – ognuno di noi ha il diritto di disporre come meglio crede dei propri beni mobili, accezione in cui rientrano (loro malgrado) anche cani, gatti, conigli e tutti gli animali comunemente considerati “domestici”.
In un mondo giusto ed equo per Francione “non ci sarebbe alcun animale domestico, non campi pieni di pecore e non granai affollati di maiali, mucche e galline ovaiole. Non ci sarebbero nemmeno acquari e zoo“.