Scoraggiare il consumo di carne attraverso una maggior pressione fiscale: il Consiglio svedese per l’Agricoltura, che sta partecipando ai lavori della Commissione Agricoltura della Ue per stabilire come incentivare le politiche agricole europee, ha pensato a questo metodo che, affiancato ad una maggior informazione e consapevolezza rivolta ai cittadini, potrebbe costituire una chiave di volta importante.
Le modalità con cui questa maggior pressione fiscale verrebbe applicata al consumo di carne ancora non è chiaro e si tratta per il momento solo di una proposta, ma il ragionamento alla base è semplice: la carne è l’alimento che ha il costo ambientale di produzione più alto in assoluto. Per produrre un chilo di manzo, infatti, servono oltre 15 mila litri d’acqua e, secondo la FAO, gli allevamenti pesano per il 18 per cento sul totale delle emissioni di gas serra e su questo sarà necessario intervenire per porre un freno alla fame nel mondo e al consumo di suolo. C’è però una buona notizia sul fronte europeo, perché negli ultimi anni si è verificato un calo del consumo di carne dell’ 1 per cento.
I dati nel nostro continente rimangono comunque allarmanti: in testa ai consumi troviamo la Francia seguita dall’Italia, dove dagli anni ’60 ad oggi i consumi sono costantemente aumentati (+180 per cento) fino al 2011, per poi calare bruscamente passando dai 95kg pro capite annui agli 88 kg, probabilmente anche a causa della crisi.
Basterà una nuova tassa a far diminuire il consumo di carne? Oppure dovrà esserci un lavoro molto più profondo, culturale, rispetto al problema creato a livello ambientale e non solo, dal suo consumo?