Il problema è senza dubbio culturale, ma non solo. Quello a cui stiamo assistendo durante la la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 a Glasgow (che terminerà i lavori il prossimo 12 novembre) è un mescolarsi letale fra interessi economici e assenza di presa di coscienza culturale, politica e generale. Infatti durante il più importante evento mondiale sul futuro decisionale politico per affrontare e tentare di arginare la crisi climatica, uno dei temi cardine, quello dell’impatto dell’industria della carne e dell’alimentazione in generale, non è stato nemmeno sfiorato. Anzi.
Mangiare carne? “Scelta personale”
Il Presidente della COP26, il britannico Alok Sharma ha spiegato in un’intervista alla BBC la sua posizione sul tema del mangiar carne: “Credo che si tratti di una scelta personale, ma come governo (fa riferimento al governo britannico di cui lui faceva parte come Segretario di Stato per gli affari economici, l’energia e la strategia industriale, ndr) dobbiamo incoraggiare e facilitare le scelte delle persone nella giusta direzione, come facciamo per i veicoli elettrici, per esempio”. Secondo il giornale inglese “The Mirror“, però, pare che lo stesso Sharma sia diventato vegetariano da qualche tempo su suggerimento della figlia che lo avrebbe “sfidato” a fare davvero qualcosa per il clima. Insomma, una sorta di “vizio privato” che però, pubblicamente, non viene fatto emergere, come se si trattasse di un’onta.
Nel frattempo, come ha spiegato il co-fondatore dell’azienda catalana HeuraFoods, Bernat Añaños, che produce alternative vegetali alla carne, durante un panel della Conferenza, nel ristorante di Cop26 si serve carne di manzo: “Non ha nessun senso: è come se ad una conferenza sul cancro regalassero sigarette all’ingresso”.
Usa: “Non serve produrre meno carne”
E se l’Inghilterra che ospita Cop26 parla con le parole di Sharma (e lo fa chiaramente anche la stessa Cop26 di cui è presidente), non va certo meglio per gli Stati Uniti, una delle nazioni, dopo il Brasile, in cui il consumo di carne e derivati è parte fondante non solo del prodotto interno lordo ma anche della alimentazione dei suoi abitanti. Il segretario dell’Agricoltura americano Thomas Vilsack in un’intervista al quotidiano The Guardian ha dichiarato:”Non penso che dobbiamo ridurre la quantità di carne o di bestiame prodotti negli Stati Uniti. E una percentuale significativa viene esportata. Non è una questione di mangiarne di più o di meno o di produrne di più o di meno. La questione è rendere la produzione più sostenibile”. Insomma, se attraverso mangimi e sistemi di allevamento migliori è possibile ridurre gli impatti nessuno dovrà preoccuparsi di guardare alle proprie preziose abitudini.
Come la polvere sotto il tappeto, il tema delle emissioni dell’industria della carne e dei suoi derivati vengono spazzati velocemente sotto il tema della scelta personale e delle soluzioni alternative ma che non intacchino il sistema. Il tema quindi è ancora una volta quello di non cambiare nulla delle abitudini degli elettori, non toccare in nessun modo il tema della cultura che andrebbe diffuso attraverso piani governativi, ma, solo nel caso fosse proprio necessario, trovare dei mangimi migliori o sistemi più green per produrre miliardi di tonnellate di carne da riversare sulle tavole.
Cambiare per il clima? No, grazie
Il tema del cambiamento è ostico non solo per i politici ma anche per i cittadini. Sempre il quotidiano The Guardian ha mostrato i risultati di un sondaggio realizzato qualche mese fa ad opera della Kantar Public che ha ascoltato il parere di campioni di popolazione di 10 nazioni diverse (in tutto 9 mila persone), comprese Inghilterra, Francia, Germania e Spagna (non figura l’Italia) sul tema del valore delle proprie azioni sul tema della crisi climatica. Il risultato più scoraggiante è che il 47% dei cittadini ha dichiarato di non aver nessuna intenzione di modificare le proprie abitudini quotidiane per affrontare la crisi climatica. Il 39% ha spiegato che non crede che le singole azioni possano davvero fare la differenza; però il 76% ha risposto che sarebbe d’accordo con il seguire norme più restrittive a favore del clima se imposte dai governi.
Ma il dato migliore arriva ora. Alla domanda su quali siano le azioni più importanti per arginare la crisi climatica, al primo posto abbiamo “Ridurre i rifiuti e riciclare”, al secondo posto “Fermare la deforestazione” e al terzo posto “Proteggere le specie animali in pericolo di estinzione”. E il mangiare meno carne? È al penultimo gradino della scala: 16esimo posto con il 18% su 17 risposte possibili.
Ignorare il tema dell’alimentazione e del suo impatto da parte dei governi, quindi, sta avendo certamente il suo effetto.