Non mi piace utilizzare immagini forti sul nostro giornale, perché ritengo che non siano utili, se non in alcuni casi. Questo è uno di quelli. Premetto che per me Concita De Gregorio è sempre, ed è ancora, un riferimento culturale e lavorativo. Per una giornalista, donna, in questo paese, la sua carriera e il suo carisma sono un faro ed è anche per questo che mi aspettavo di più dalla sua riflessione sul caso di Grosseto, ossia quello di una mamma vegana con figlia vegetariana accusata e aggredita in malo modo da altre mamme con l’accusa (diretta alla figlia) di non “spaventare” i propri bambini con storie raccapriccianti sulla carne.
La riflessione della giornalista, ex direttrice dell’Unità, su Repubblica è un inno alla libertà di pensiero e di azione: “Ogni forma di estremismo – scrive la De Gregorio – pone la questione dei confini fra libertà e proselitismo”. Il problema è già qui: che cosa significa estremo e, soprattutto, chi ha stabilito il punto di partenza dal quale misurare la distanza da ciò che invece è “normale”? Melanie Joy nel suo best seller “Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche” ha spiegato molto bene quanto il concetto di “normalità, naturalezza e necessità” del mangiare carne sia un fattore culturale, e un po’ lo sostiene anche Concita quando scrive “Che ai maremmani – proverbiali cacciatori di cinghiali – si faccia osservare che mangiare un maialino significa mangiare un cadavere è obiettivamente una provocazione grave. Proprio contraria allo spirito del luogo”. Ecco, lo spirito del luogo è proprio quello di cui stiamo parlando, la sua cultura.
Esiste, da quasi due millenni, un’altra cultura, quella che si è interrogata, con la voce fra gli altri, di Plutarco, Plantone, Socrate e dei Pitagorici, di quale sia o, meglio dovrebbe essere il nostro rapporto con gli animali e di che cosa significhi il loro sfruttamento come risorsa alimentare. Quindi iniziamo con il dire che “vegano” o “vegetariano” non sono mai sinonimi di estremismo, non nel loro vero significato. Lo sono, e lo abbiamo anche spiegato sul nostro giornale, tutte quelle esternazioni, insulti e minacce che partono dalla considerazione vegana e arrivano alla stupidità (cosa che, intendiamoci, succede il 90% delle volte anche nel verso opposto).
Infine, se mai Virzì farà davvero un film sulla questione (ma ne dubito) speriamo che il copione non prenda spunto dai suggerimenti di Concita De Gregorio perché dire: “Sai che quello che mangi prima era un maialino e adesso è morto” è forse “crudo”, ma reale. Sostenere che “Se non mangi la carne ti si sbriciolano le ossa” non è vero, non è un fatto. Spero, anche di non trovare nel film la battuta sul fatto che se il maialino non lo mangi, prima o poi muore lo stesso, perché mi ricorda molto la scusa che usavo da adolescente per non rifare il letto: “Tanto poi, ci devo tornare a dormire, stasera”.