E venne anche la crisi da assenza di anidride carbonica da mettere nelle bibite. Lo scorso 6 luglio Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato di Acqua Sant’Anna, azienda di Vinadio, nel Cuneese, annuncia di aver fermato le linee di produzione dei prodotti gasati perché, al rincaro dei prezzi in generale e alla siccità, si aggiunge ora la difficoltà estrema di trovare anidride carbonica ad uso alimentare. Ma Coldiretti Torino, tramite il suo presidente Bruno Mecca Cici, 37 anni, allevatore di 180 capi “della pregiata razza bovina Piemontese con una linea vacca-vitello”, ha presentato una soluzione. Usare l’anidride carbonica generata dalla produzione del biogas ottenuto dagli scarti degli allevamenti, che, dopo essere trattati opportunamente, diventerebbero così una “risorsa energetica e industriale”.
La Co2 che manca e gli scarti degli allevamenti
A quanto pare l’assenza di anidride carbonica di tipo alimentare da destinare alle bibite è dovuta ad una scelta da parte delle aziende produttrici di destinare la risorsa in modo preferenziale alle aziende sanitarie. Il problema della scarsità si era già presentato lo scorso anno, secondo quanto riportato da Quotidiano.net attraverso le parole dello stesso Bertone. Questa volta la produzione dell’azienda Sant’Anna del reparto bibite gasate, però, è stata sospesa. Ma ecco che sulle pagine del sito di Coldiretti Torino, riprese poi da alcuni media nazionali, Mecca Cici propone la soluzione: “Con la diffusione di biodigestori di nuova generazione gli allevamenti da “problema ambientale” diventano addirittura risorsa energetica e industriale. Infatti, se gli allevamenti conferiscono gli effluenti animali a un impianto per la produzione di biometano liquido, l’anidride carbonica viene liquefatta pura al 100% e diventa utilizzabile per il mercato delle bollicine e della conservazione dei cibi sottovuoto” e aggiunge “Il nostro è un settore importantissimo su cui occorre indirizzare risorse del PNRR e che toglie argomenti a chi, strumentalmente, accusa l’agricoltura di inquinare l’aria più del settore dei trasporti e dell’industria”. Insomma una sorta di economia circolare che metterebbe d’accordo tutti.
Due problemi non fanno una soluzione
Se è vero che una risorsa in economia circolare è sempre una buona notizia ma l’impatto dell’agricoltura e del sistema di allevamento non solo nazionale bensì mondiale – che continua ad essere negato da chi ci lavora – è riconosciuto a livello internazionale da organi come l’IPCC. Se una parte dell’inquinamento generato da una porzione degli allevamenti italiani può essere convertita attraverso un biodigestore non solo in anidride carbonica ma anche in biogas, rimangono due grossi problemi. Il primo è di natura etica: gli allevamenti imprigionano miliardi di animali senza nessun motivo reale legato alla necessità di nutrirsi della loro carne o dei prodotti derivati (come uova, latte, burro, etc.); in seconda battuta l’industria delle acque in bottiglia genera altri tipi di problemi ambientali, imbottigliando nella plastica miliardi di litri d’acqua. Sono nel nostro paese, il secondo nel mondo per il consumo di acque in bottiglia, ci sono oltre 260 marchi distribuiti in circa 140 stabilimenti che imbottigliano oltre 14 miliardi di litri di acqua.
Nel 2021 Greenpeace fornì un dato: “Circa 11 miliardi di bottiglie in plastica (PET) per acque minerali e bevande confezionate vengono immesse al consumo ogni anno. Più del 60% di queste, circa 7 miliardi, non vengono riciclate e rischiano di essere disperse nell’ambiente e nei mari, contribuendo in modo massiccio all’inquinamento del pianeta”. Insomma si userebbe uno scarto di un problema enorme e mondiale come l’allevamento di animali a fini alimentari, per non fermare e generare nuova materia prima per un altro enorme problema ambientale: l’acqua in bottiglia (gasata, in questo caso).
Per ora l’idea proposta da Coldiretti non ha ancora ottenuto una risposta dal comparto delle acqua minerali, ma la vicenda rimane aperta.