Dare una mano a chi è in difficoltà senza, per questo, dover necessariamente fare del male a qualcun altro. C’è un’idea semplice e di buon senso dietro all’iniziativa che ogni giovedì sera spinge i volontari della Compagnia della Polenta a servire pasti caldi (e rigorosamente vegani) a chi vive per strada. Succede a Milano, in zona Lambrate. Qui un gruppo di amici, cresciuto nel corso del tempo fino a costituire un’associazione, distribuisce in media ogni settimana circa 160 piatti a base vegetale a clochard e persone in difficoltà. “C’è la polenta, che ci ha dato il nome, con lo spezzatino di soia, ma anche la pasta coi legumi, il riso con la verza e le patate, la frutta e i dolci. Noi volontari – racconta il portavoce, Roberto Bertani – siamo tutti appassionati di cucina. Con poco, riusciamo a fare molto”.
Perché il cibo vegano
Il cibo vegan è, in realtà, solamente il primo gancio per avvicinare i più bisognosi. “Tutto è nato nell’inverno del 2015. Eravamo un gruppo di amici volontari dell’associazione animalista Vita da Cani. A Milano morì assiderato per strada un senzatetto, fu una notizia che ci sconvolse. Ci siamo chiesti: che cosa possiamo fare?”, racconta Bertani. “Tutto è nato spontaneamente, abbiamo iniziato a raccogliere cibo tra conoscenti e amici con il passaparola. La scelta vegana è venuta da sé con l’idea di aiutare chi ha bisogno, ma senza fare del male a qualcun altro. Per questo – sottolinea – quando ci siamo costituiti come associazione nel 2017 abbiamo indicato nel nostro statuto che serviamo unicamente cibi che non contengono derivati animali”.
I volontari
Una scelta apprezzata da chi vive per strada e che, in alcuni casi, rappresenta un tramite culturale importante. Ma non solo. “Ormai ci conoscono come ‘i vegani’ e questo è un vantaggio, per esempio, quando ci avviciniamo alle persone arabe che preferiscono cibo senza carne. La cosa bella, però, è che non tutti i nostri volontari sono vegani, anzi”. Dalla decina di amici dei primi tempi, La Compagnia della Polenta si è ingrandita fino a contare oggi una quarantina di volontari, la maggior parte donne. “Molti sono onnivori e nonostante questo hanno scelto noi per fare volontariato, aderiscono alla nostra storia pur non facendone parte. Eppure, a poco a poco, anche loro scoprono che si può vivere bene senza carne”.
Non solo cibo
Anziani, disoccupati, papà separati. La maggior parte italiani, pochi gli stranieri. Questo è il profilo delle persone che gli amici della Compagnia della Polenta incontrano ogni settimana, il giovedì sera, durante il giro di distribuzione dei pasti vegani che, sulla base degli accordi con il Comune di Milano, avviene per lo più nella zona Sud-Est della città. “Abbiamo spesso un’idea stereotipata dei clochard. In realtà, incontriamo le persone più diverse, chi ha perso il lavoro, per esempio, i pensionati che non arrivano alla fine del mese o i divorziati che, per mantenere la famiglia, devono risparmiare sui propri pasti. Persone alle quali certamente fa piacere ricevere un piatto caldo, ma non si esaurisce tutto qui. Il cibo diventa un veicolo di comunicazione – sottolinea Bertani – attraverso il quale incontriamo persone sole, quelle che di solito non vediamo o non vogliamo vedere”. Così, dal pasto caldo alla distribuzione di vestiti e di altri generi di prima necessità, il passo è breve. “Non è facile scostare un cartone e chiedere di cosa queste persone hanno bisogno. Farlo con un piatto caldo aiuta sicuramente a facilita il dialogo”.
Il “modello Milano”
Consolidatasi su Milano, l’attività di volontariato veg della Compagnia della Polenta è pronta a essere esportata, a Torino, dove un gruppo di ragazzi si è organizzato per la distribuzione dei pasti, ma anche a Genova e Verona. Qui, realtà dell’associazionismo già operative vorrebbero copiare il modello milanese. Nel capoluogo lombardo, invece, la Compagnia della Polenta punta a intensificare il servizio. “Ogni settimana raccogliamo il cibo che ci viene donato nella dispensa dell’associazione e cuciniamo nella cucina di Vita da cani. Ci piacerebbe poter servire i pasti almeno due volte a settimana, ma a oggi – è l’appello di Bertani – per farlo abbiamo bisogno di qualche volontario in più”.