Dopo lo stop dell’OMS all’uso di antibiotici negli allevamenti intensivi, si torna a parlare di antibiotico resistenza associata al consumo di carne. A lanciare l’allarme, questa volta, è l’edizione americana del quotidiano The Guardian, che pone sotto accusa in particolar modo la carne di pollo prodotta negli Stati Uniti, facendo però valutazioni anche a livello globale. Secondo le previsioni, entro il 2050 l’antibiotico resistenza causerà 10 milioni di morti nel mondo, costando più di 100 milioni di dollari di spese sanitarie a livello globale. Già al giorno d’oggi, comunque, i batteri resistenti causano oltre 700 mila morti ogni anno nel mondo; di questi, oltre 25 mila solo in Europa.
Ma perché, tra tutte, è la carne di pollo a risultare maggiormente sotto accusa? Come ricordava anche Matt Ball – vegano e attivista per i diritti degli animali – nella sua campagna shock “One step for animals”, la carne di pollo è la più consumata negli Stati Uniti e nel mondo. “Un essere umano – sostiene – mangia più polli in sei mesi di quanti manzi mangerà nell’intero corso della sua vita”.
Allevamenti intensivi e antibiotici: a cosa servono?
Perché vengono somministrati antibiotici agli animali negli allevamenti? I motivi sono molteplici: innanzi tutto, questi farmaci permettono di stipare un gran numero di animali in spazi piccolissimi evitando le malattie da contagio, spesso dovute alle condizioni di vita estreme a cui gli animali sono costretti. In più, questi medicinali “gonfiano” gli animali molto velocemente, così che la produzione di carne possa avvenire rapidamente e a costi molto bassi. Il tutto, ovviamente, al fine di massimizzare la produzione, trasformano gli animali da esseri senzienti a veri e propri “macchinari” al servizio dell’industria.
Antibiotico resistenza: un problema a livello globale
Secondo le stime riportate dal quotidiano statunitense, ogni anno nel mondo vengono utilizzate oltre 63 mila tonnellate di antibiotici negli allevamenti, con un costo stimato di oltre 126 milioni di sterline. Ma quali sono i rischi per la nostra salute associati al consumo di carne contenente antibiotici? Il problema non è che gli antibiotici utilizzati sugli animali siano pericolosi per l’uomo, ma è piuttosto legato a una serie di fatti concatenati: consumando frequentemente carne trattata con dei farmaci, infatti, il nostro organismo tende ad abituarsi ad essi; aggiungendo poi gli antibiotici che vengono normalmente utilizzati per combattere le infezioni batteriche, il rischio è che il nostro organismo si “abitui” ad essi e che questi diventino inefficaci per curare le infezioni, più o meno gravi. Questa è l’antibiotico resistenza.
Crediti foto: Ciwf Italia
Alle problematiche che riguardano la salute umana, naturalmente, vanno aggiunti anche i risvolti etici della questione: come tutti gli animali rinchiusi negli allevamenti intensivi, anche i polli vivono una vita brevissima – e ben lontana dai propri bisogni etologici – per poi essere macellati in maniera brutale e aberrante. Basti pensare che, in natura, un pollo vivrebbe in media fino a 8 anni, mentre la durata della vita di un esemplare in un allevamento intensivo arriva a stento a 50 giorni. Per la nostra salute e per i diritti animali, dunque, bisogna solo sperare che nel mondo accada un po’ ciò che è avvenuto in Italia dove, secondo i dati Eurispes 2017, il numero dei vegani è triplicato nel giro di un solo anno.
Crediti immagine in apertura: The Guardian