L’impero della carne cerca nuovi lidi: aumenta a dismisura la richiesta europea di carne e pelle di coccodrillo dallo Zimbabwe.
Le richieste arrivano agli allevamenti di coccodrilli: lo Zimbabwe, infatti, è già famoso per la produzione e l’esportazione delle pelli di questi animali utilizzate per la realizzazione di borse, scarpe e valigette. L’inferno degli allevamenti di coccodrilli era stato oggetto di un’inchiesta di PETA che aveva mostrato immagini del tutto simili a quelle che vediamo in Europa legate alla mattanza di suini, mucche, galline, pecore e conigli. L’azienda numero uno del paese in questo campo è Padenga che ogni anno snocciola numeri da capogiro: entro il 2018, l’azienda prevede di commercializzare 46.000 pelli di coccodrillo. Se da una parte il mercato della pelle all’estero si consolida sempre di più, quello della carne di coccodrillo (cibo tipico del paese) è tutto da esplorare e così la famosa azienda cavalca l’onda e si tuffa anche nell’esportazione di questo prodotto.
I numeri della carne di coccodrillo in Europa
Alexander Calder, presidente di Padenga Holdings ha spiegato: “La domanda proveniente dall’Europa per i tagli di carne di coccodrillo di qualità superiore è aumentata durante il 2017 e i prezzi dell’esportazione si sono stabilizzati di conseguenza. I volumi di carne venduti sono aumentati del 9%“.
Per capire la situazione e la mole di richieste in questo campo è sufficiente sapere che l’azienda è stata quotata nella borsa dello Zimbabwe. Non è ancora facile trovarla, anzi: neanche online è possibile acquistare tagli solamente in pochi siti specializzati e i prezzi sono davvero alti. Quasi 150 euro al chilogrammo per la carne a metà strada fra la consistenza del pollo e il gusto del pesce, che anche nel paese di origine è diventata “da ricchi” proprio a causa delle maggiori esportazioni all’estero.
Un mercato in rapido sviluppo in Europa ma già consolidato in Australia e America dove proliferano anche gli allevamenti. Nessuna sorpresa se tra i paesi che richiedono questo cibo esotico c’è anche l’Italia: comparsa nel 2015 con il “Crocoburger” durante l’Expo di Milano, ci sono aziende che la contemplano fra i prodotti disponibili per i grossisti. Un’ulteriore “moda alimentare” che cerca e crea nuove frontiere dello sfruttamento animale.