Non è il primo esperimento “psicologico” che viene realizzato e non sarà nemmeno l’ultimo: incontrare un animale che, sappiamo con grande chiarezza, diventerà il nostro cibo, è un’esperienza che porta alla luce, soprattutto quando diventa virale attraverso un video, una serie di incongruenze su cui la maggior parte delle persone non vogliono interrogarsi.
Non si tratta di vegetariani, vegani, fruttariani, onnivori o Godzilla contro Mazinga Zeta: è solo una domanda,” Come possiamo provare tenerezza, empatia e dolcezza verso un animale e poi non fare il collegamento con quello che c’è nel nostro carrello della spesa?”. Cosa succede nella nostra mente che fa in modo di chiudere il collegamento, mettere in completa sordina l’empatia, annullare il senso di appartenenza, eliminare quello che Melanie Joy chiama “anello mancante”?
L’esperimento del video proposto da BuzzFeed, è molto semplice: un gruppo di ragazzi sulla trentina vengono invitati in uno studio con la scusa di partecipare ad una degustazione dedicata al bacon. Loro sono “grandi amanti del bacon“, lo adorano, lo mangerebbero anche ininterrottamente, non c’è giornata senza bacon… insomma, toglietegli anche l’ossigeno ma non le due fettine di salume cotto! Succede che, già con le papille gustative pronte a ricevere il boccone, dalla “cucina” arriva un cucciolo di maiale, piccolo, piccolissimo, lo hanno in braccio nel giro di pochi secondi, giusto il tempo di sgranare gli occhi e di iniziare a rendersi conto e fare il collegamento.
Le reazioni
“Non immagini che quelle fette di bacon possano essere un qualcuno da abbracciare e coccolare” dice uno dei ragazzi. “Non mangerò mai più una fetta di bacon in vita mia…” commenta di getto una ragazza mentre coccola il piccolo maiale. Questo è ciò che accade quando scatta il collegamento, quando capiamo che il nostro cibo, come recita una famose frase, “ha un volto”. Succederà che qualcuno di questi ragazzi diventi vegetariano o vegano? Forse no, perché è vero che se il collegamento è immediato ed empatico quando è sotto i nostri occhi, poi accade quello che la stessa Joy chiama “intorpidimento”: il sistema culturale che ci insegna a ritenerci “diversi” dalle altre specie, lontani dal cerchio della natura, superiori a chi “forse non soffre o comunque soffre meno”. E’ colpa dalla società, dalle nostre abitudini alimentari, dell’educazione ricevuta, della pressione sociale, tutto questo, ovvio: a meno che non si incontri dentro di sé quel sentimento, l’empatia, che ci permette di disvelare una volta per tutte quello che già sapevamo: la carne che abbiamo nel piatto, anche se non ne ha la forma, era una forma di vita, non molto diversa da noi.
Federica Giordani