Vegolosi

Black Mambas: ecco chi sono le guerriere che combattono il bracconaggio


Combattono i bracconieri senza armi e sfidano i pregiudizi e per farlo hanno scelto il nome del serpente più velenoso e pericoloso al mondo: sono le Black Mambas, la prima squadra anti-bracconaggio composta da sole donne. In un mondo dominato da uomini, 8 anni fa nasceva questa squadra di sorveglianza per fronteggiare il problema del bracconaggio in continua espansione in Sudafrica:  sono sempre di più, infatti, i rinoceronti uccisi per il loro corno, che viene prelevato causando la morte dell’animale e poi rivenduto soprattuto al mercato cinese che lo utilizza polverizzato nella medicina tradizionale per guarire febbre, epilessia, malaria e avvelenamenti. E’ un materiale pregiato che vale somme altissime sul mercato nero (circa 60mila dollari al chilo) e questo rappresenta un forte incentivo al bracconaggio in un’area densamente popolata e povera come quella che confina con il Greater Kruger National Park.

Infografica del WWF

L’incremento di rinoceronti uccisi per questo motivo, è stato del 9000% (da 13 capi nel 2007 a 1215 nel 2013), numeri impressionanti se si considera che anche leoni, elefanti, leopardi, ippopotami, ghepardi, giraffe e molte altre specie sono vittime di questo sistema criminale. Proprio per questo motivo Craig Spencer, ecologista a capo della riserva naturale Balule, all’interno del parco, ha reclutato nelle comunità locali le ragazze che oggi formano questa meravigliosa squadra che tutti i giorni sorveglia la zona e la difende dai bracconieri.

La squadra è formata da 26 ragazze, diplomate e senza lavoro, che dopo un intenso programma di formazione per il monitoraggio e il combattimento, sono le persone responsabili della protezione di 40mila ettari del parco. Questa squadra in rosa ad oggi è riuscita a smantellare oltre mille trappole e ben 5 campi allestiti dai bracconieri, grazie alla loro attività quotidiana che consiste nel sorvegliare il territorio, controllando i recinti e camminando per chilometri ogni giorno, alla ricerca dei bracconieri, dei loro tracciati, dei loro campi e delle loro trappole. E quando non sono di pattuglia nella riserva, i membri dell’unità cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del bracconaggio e sulle conseguenze di questa attività criminale con lo scopo di evitare che i bracconieri reclutino nuovi membri all’interno delle comunità locali. “Sono una donna – dice una giovane ragazza del team durante un’intervista – so cosa significa prendersi cura dei più piccoli, del bambini, e quindi anche degli animali”.

Quest’idea sembra stia funzionando, infatti, dall’inizio dell’anno nella riserva non è stato ucciso neanche un rinoceronte, mentre in una riserva confinante, senza sorveglianza, sono state segnalate 23 uccisioni. Questa attività è valsa alle Black Mambas il premio Champions of the Earth dell’UNEP (United Nations Environment Programme), assegnato ogni anno ad organizzazioni e individui che si distinguono nella tutela dell’ambiente e nella costruzione di un futuro sostenibile, agendo, nei rispettivi campi di competenza, con tenacia e determinazione.

Queste donne coraggiose oggi sono fonte di ispirazione e hanno innescato un desiderio di emulazione nelle giovani: “Io non ho paura, so quello che sto facendo e so perché lo sto facendo – ha spiegato Leitah Mkhabela, ranger della Black Mamba Unit – Se vedete i bracconieri, dite loro di non provarci, che siamo qui e che sono loro ad essere in pericolo. Gli animali meritano di vivere, hanno il diritto di vivere. Voglio che mio figlio possa vedere un rinoceronte – ha continuato – è per questo che li proteggo. Se la domanda di alcuni prodotti finirà, anche le uccisioni cesseranno”. E conclude: “Dite sì alla vita. Dite no al corno di rinoceronte e all’avorio di elefante commercializzati illegalmente.”