Vegolosi

Animal Equality denuncia allevamento lager di maiali italiano: “Chi maltratta non resterà impunito”

Che cosa stiamo facendo a questi poveri esseri viventi?“: questa è la domanda che, giustamente, si è posto l’inviato del Tg2 Piergiorgio Giacovazzo durante l’inchiesta compiuta insieme all’associazione animalista Animal Equality che ha portato alla luce l’ennesimo allevamento degli orrori. Questa volta siamo a Brescia e all’inferno dei viventi, come lo chiamava Calvino, ci sono finiti i suini che a migliaia finiranno macellati per diventare prosciutti e altri generi di assoluta non necessità.

Il fatto che milioni di persone grazie alla trasmissione del servizio in tv abbiano avuto modo di vedere, di nuovo, cosa succede agli animali dentro ai capannoni così ordinati e puliti quando lo si guarda da fuori, è una buona notizia ma continua a rimanere senza nessun senso la condizione di questi animali, detenuti senza colpa in un carcere a vita che ha come obiettivo quello di creare carne spesso magnificata come “di altissima qualità”. Eppure ancora la carne e i salumi sono lì, sulle tavole degli italiani.

L’inchiesta e la denuncia dell’allevamento

Le condizioni che si sono presentate davanti agli occhi dell’inviato del Tg2, accompagnato da Alice Trombetta di Animal Equality e dagli operatori tv mentre camminavano nell’allevamento visitato in piena notte e senza nessun preavviso, sono quelle che ormai abbiamo visto molte volte ma alle quali non possiamo abituarci: molti i cuccioli di suino morti, alcuni addirittura mummificati a riprova del fatti che da settimane nessuno si occupa della manutenzione degli spazi (angusti) degli animali.

Le scrofe chiuse nella gabbie di gestazione, non possono muoversi e spesso, dopo averli partoriti, schiacciano i cuccioli che muoiono soffocati dopo lunga agonia; per quelli che potremmo definire fortunati c’è il latte della madre, l’ingrasso e poi la macellazione. I suinetti deboli vengono spesso uccisi direttamente dagli operatori come mostrano le immagini dell’inchiesta: uno dei cuccioli viene raccolto da terra, afferrato per le zampe posteriori e sbattuto contro una recinzione per tre volte, prima di gettarlo nuovamente a terra. Sono sempre le scrofe ad arrivare a causa dello stress eccessivo a mangiare i propri cuccioli. E’ il dottor Enrico Moriconi, garante per gli animali e veterinario a spiegare il fenomeno: “Si tratta di episodi che denotano stress profondo, le madri arrivano a questo, a mangiare i propri cuccioli a causa delle condizioni in cui sono tenute”.

——- IMMAGINI FORTI  ———

Le immagini dell’allevamento di Brescia mostrano animali feriti, completamente ricoperti dei loro stessi escrementi, assediati da scarafaggi e topi: è da qui che arriverà la carne che troveremo al supermercato. Inoltre Animal Equality ha prelevato alcuni campioni di acqua prelevati attorno all’allevamento dove vengono versati i liquami: “Lo sversamento di liquami a terra come quello documentato all’interno del perimetro dell’azienda può comportare danneggiamento delle falde acquifere ed è un’illegalità punita da normative italiane ed europee”.

Nulla di legale, nulla di etologicamente immaginabile ed è per questo che, come ha spiegato Matteo Cupi : “Non ci siamo limitati alla denuncia mediatica ma abbiamo presentato un esposto alla Procura della Repubblica denunciando le condizioni di questo allevamento, faremo tutto quanto è in nostro potere per fare in modo che chi maltratta gli animali non rimanga impunito”. I consumatori possono anche firmare una petizione rivolta ai Ministeri dell’Agricoltura e della Salute con l’obiettivo di fare chiudere questo allevamento. “La normativa attuale – si legge inoltre nella petizione – non risponde alle esigenze di controllo reali. È necessario aumentare i controlli ed aumentare le risorse a disposizione delle autorità perché gli allevamenti vengano controllati con maggior frequenza ed evitare che gli animali subiscano tutto questo.”

Dall’altra parte noi consumatori possiamo decidere da subito di fare qualcosa, smettendo di acquistare prodotti di origine animale e bloccando il circolo vizioso che vede la domanda creare l’offerta.