Vegolosi

WWF: “Il consumo di carne minaccia la Terra, appetito per la distruzione”

Dopo Slow Food e il Worldwatch Institute, anche il WWF pare aver finalmente colto (e resa pubblica) la correlazione tra consumo di carne e inquinamento globale: a Londra un report distribuito di recente dall’associazione, infatti, si intitola “Appetito per la distruzione” ed evidenzia l’impatto che la dieta “occidentale” ha sulla biodiversità e l’ambiente. Questo, lo ricordiamo, dopo che Donatella Bianchi – giornalista e presidente WWF Italia – si era definita in tv “vegetariana non praticante”, in barba alla missione di salvaguardia ambientale dell’associazione di cui è portavoce.

Consumo di carne e inquinamento: ecco cosa dice il WWF

“In un mondo dove sempre più persone adottano una dieta occidentale – ricca di carni, prodotti lattiero-caseari e alimenti trasformati – la produzione di mangime per nutrire il bestiame sta mettendo a dura prova le risorse naturali, diventando una forza trainante per la perdita di biodiversità su larga scala”.

L’allevamento più dannoso? Quello dei polli.

Con queste parole l’associazione inizia il proprio studio sull’argomento, sottolineando che la sola alimentazione in Inghilterra è direttamente legata all’estinzione di circa 33 specie sul proprio territorio e all’estero. “La realtà è che mangiamo molte più proteine ​​animali di quelle che dovremmo per condurre una vita sana”: con questa affermazione il WWF non fa che confermare ciò che da tempo sostiene anche l’AICR, l’istituto americano di ricerca contro il cancro.

“Uno studio dimostra che la differenza è così profonda che una persona, oggi, dovrebbe mangiare sei polli allevati intensivamente per ottenere la stessa quantità di acidi grassi omega-3 contenuti in solo un pollo negli anni ’70”.

Partendo da questo presupposto, l’associazione sposta la propria attenzione su quello che è un problema forse sottovalutato, ovvero lo sfruttamento dei terreni per produrre mais e soia destinati agli animali da allevamento. “Se la domanda mondiale di prodotti animali crescesse come previsto, si stima che la produzione di soia dovrebbe aumentare quasi dell’80% per alimentare tutti gli animali destinati alla nostra alimentazione”, scrive l’associazione. Questo, ovviamente, a discapito delle numerose specie animali in tutto il mondo alle quali viene sottratto spazio da destinare alle coltivazioni. Già ora, sottolinea il WWF, le colture di mangimi sono prodotte in gran parte in zone vulnerabili del pianeta, come l’Amazzonia o il Cerrado, che sono regioni ad alto rischio perché già subiscono notevoli pressioni su terra e risorse idriche e non sono tutelate adeguatamente da regimi di conservazione. 

A livello globale, secondo il WWF, il tipo di allevamento che più usufruisce dei mangimi derivanti dalle coltivazioni intensive è quello dei polli, specialmente in Asia, Europa e Nord America: secondo i dati del 2009, infatti, in queste zone e a questo scopo si è consumato il 41,5% del mangime prodotto nel mondo. Il 30% di questi prodotti, invece, è destinato agli allevamenti di maiali, in continuo aumento per soddisfare la crescente domanda di carne. A tutto questo si deve aggiungere che, negli ultimi anni, si produce sempre più cibo, è vero, ma di qualità sempre più bassa e soprattutto meno nutriente: “L’allevamento intensivo è stato recentemente collegato a una diminuzione il contenuto di omega-3 dei prodotti animali e a un aumento del loro contenuto di grassi saturi”-  scrive infatti l’associazione – “Uno studio dimostra che la differenza è così profonda che una persona, oggi, dovrebbe mangiare sei polli allevati intensivamente per ottenere la stessa quantità di acidi grassi omega-3 contenuti in solo un pollo negli anni ’70”.

La soluzione? Meno carne = 650 milioni di ettari in meno di terreno sfruttato

Possibili soluzioni

Il quadro disegnato dal WWF non è dei migliori ed è in accordo con quanto affermato più volte da diverse associazioni internazionali. Una soluzione a tutto questo, però, c’è: “Benefici ambientali significativi potrebbero essere raggiunti semplicemente consumando la quantità raccomandata di proteine. – scrive l’associazione – Se tutti riducessero il consumo di prodotti animali, la richiesta totale di terreni coltivabili diminuirebbe del 13%”. Il suggerimento, dunque, è quello di mangiare più frutta e verdura moderando il proprio consumo di carne (sia rossa che bianca), mantenendo una dieta quanto più possibile varia e ricca. Così facendo, si potrebbero salvare addirittura 650 milioni di ettari di terreno e, con essi, le specie animali che ci abitano.

Mangiare carne è causa di estinzione di molte specie: lo studio lo conferma