Le immagini di sofferenza e sfruttamento che vediamo sul web riguardano quasi sempre allevamenti intensivi “terrestri”, ma ciò non significa che gli allevamenti ittici siano esenti da queste problematiche: al contrario, gli allevamenti intensivi di pesci sono realtà aberranti, tanto quanto quelli di tutti gli altri animali.
A dimostrarlo arrivano oltre 300 foto scattate all’interno di un allevamento intensivo di salmone in Scozia, come riportato anche dall’associazione Essere Animali: si tratta di immagini sottratte in 27 allevamenti ittici dal 2015 a oggi, rese pubbliche dal governo scozzese in base alla legge sulla libertà d’informazione e pubblicate in esclusiva da The Ferret, e che rivelano realtà davvero mostruose.
Allevamenti di salmone: le immagini che non vorremmo vedere
Gli ispettori sanitari scozzesi incaricati di indagare sui decessi di massa negli allevamenti di salmoni lungo la costa occidentale e sulle isole, si sono trovati di fronte a pesci gravemente malati, morti o morenti ancora prima della cattura, che riportavano inoltre lesioni sanguinolente, danni agli occhi, malformazioni agli organi e perfino piaghe procurate dai pidocchi marini, che si nutrono di carne (nella foto qui sotto).
“Un abuso scioccante e stomachevole” è stato il commento degli attivisti per i diritti animali, che hanno chiesto ai consumatori di boicottare il pesce proveniente da queste realtà. Il governo scozzese, secondo The Ferret, ha però sottolineato l’importanza di contestualizzare le foto, da non considerare rappresentative di tutta l’industria ittica del paese. “Chi acquista salmone scozzese dovrebbe seriamente mettere in discussione il sostegno a una forma così crudele di produzione alimentare – ha dichiarato Don Staniford, direttore dello Scottish Salmon Watch, che si occupa di studiare le condizioni in cui vivono i salmoni negli allevamenti scozzesi – Vergogna per gli allevatori scozzesi di salmone e per i supermercati per aver sostenuto una forma di allevamento così eticamente fallimentare”. Staniford ha inoltre promesso di intentare un’azione legale contro gli allevamenti scozzesi di salmone, per aver violato le leggi sulla tutela del benessere animale che vigono nel paese.
Più in generale, l’allevamento ittico ha un risvolto etico da non sottovalutare. I numeri di queste realtà sono incredibili: parliamo di 100 miliardi di pesci che vengono allevati ogni anno negli allevamenti intensivi. Come ricorda Essere Animali, “miliardi di questi animali muoiono per soffocamento o vengono eviscerati mentre sono ancora coscienti“. In più, gli spazi in cui vengono stipati sono insufficienti per consentirgli una vita adeguata, senza contare che “è spesso sottovalutata la sofferenza degli animali marini, ma molti studi ormai hanno ribadito e sottolineato che provano dolore” ricorda l’associazione.
Pesce e allevamento ittico: la situazione in Italia e nel mondo
Secondo le previsioni stilate dalla FAO insieme alla Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD), la produzione ittica mondiale continuerà a crescere, anche se a un ritmo molto più lento rispetto all’ultimo decennio. Questa produzione deriverà completamente dagli allevamenti intensivi, mentre si prevede un leggero calo della produzione ittica da cattura. Per quanto riguarda il nostro paese, nei primi mesi del 2018 i dati parlano di un +24% rispetto all’importazione di pesce dalla Norvegia mentre, nella sua totalità, il mercato del pesce ha raggiunto un +5% in Italia lo scorso anno. Brutte notizie per i mari, insomma, che di questo passo rischiano di svuotarsi entro il 2048.
Poi, il pesce che mangiamo è davvero sano? Fa bene alla nostra salute, come pensiamo? Secondo quanto mostrato tempo fa durante una puntata della trasmissione “Indovina chi viene a cena”, in onda sulle reti Rai e intitolata “Sano come un pesce”, le risposte a queste domande sono tutt’altro che positive. Innanzi tutto sono molti gli studi e le analisi che ne provano la tossicità, specialmente quando si tratta di pesce proveniente dagli allevamenti (per lo più norvegesi, nel caso del salmone). Negli esemplari allevati sono state infatti trovate sostanze chimiche potenzialmente cancerogene per l’uomo, il cui uso è comunque autorizzato sia nell’agricoltura che negli allevamenti ittici. Lo stesso discorso vale per sostanze considerate genotossiche, cioè in grado di modificare il DNA di chi le ingerisce. “Se si vuole mangiare pesce – sottolineava in puntata il professor Franco Berrino – bisogna scegliere quello meno inquinato possibile, quindi non il pesce spada e non il tonno: i grandi predatori sono molto più inquinati dei pesci piccoli”. Per chi, invece, volesse evitare il consumo di pesce “esistono discrete fonti vegetali di Omega-3 come portulaca, semi di lino, soia e noci”.