Dopo Slow Food e il Worldwatch Institute, ora anche il New York Times si schiera contro gli allevamenti intensivi, definiti come “la più grande minaccia per la salute e per l’ambiente“. L’editoriale – pubblicato poco prima dell’elezione di Tedros Adhanom Ghebreyesus come nuovo direttore generale dell’OMS – nasce proprio come monito al nuovo leader, al quale il quotidiano americano attraverso le firme di Scott Weathers, Sophie Hermanns e Mark Bittman, chiede di occuparsi in maniera efficace di questo problema.
Allevamenti intensivi, la nostra salute è in pericolo
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi, gli allevamenti intensivi hanno assunto un ruolo sempre più preponderante nella nostra società: la loro storia lo conferma a chiare lettere. Il NYT punta il dito contro il sempre crescente consumo di carne e prodotti lattiero-caseari provenienti dagli allevamenti intensivi, messo in relazione con le malattie croniche, uno dei mali del nostro tempo. “L’Università di Washington – dichiarano – ha stimato che più di mezzo milione di morti in tutto il mondo nel 2015 è legato a diete ad alto contenuto di carni lavorate e rosse, che l’OMS ha classificato rispettivamente come cancerogene e probabilmente cancerogene“. Ma non è tutto: l’accusa è rivolta anche all’antibiotico-resistenza: “Circa il 75% degli antibiotici utilizzati negli Stati Uniti e nei paesi dell’Unione Europea vengono utilizzati nell’agricoltura, per prevenire le malattie tra gli animali negli allevamenti. Come risultato di ciò, gli esseri umani consumano involontariamente antibiotici in basse concentrazioni derivanti dalla carne che mangiano, ma anche dall’acqua inquinata da rifiuti animali. Poiché i batteri sviluppano resistenza agli antibiotici, molti potrebbero essere presto resi resistenti anche contro malattie come la polmonite o le infezioni delle vie urinarie”.
Il problema ambientale
Già lo sappiamo, gli allevamenti intensivi sono un disastro ambientale: l’industria del bestiame è responsabile dell’emissione del 51% di tutti i gas serra prodotti dall’uomo – più di tutte le nostre macchine, gli aerei, i treni messi assieme. Lo conferma anche il noto quotidiano statunitense, citando uno studio del 2014 condotto dalla rivista “Climatic Change”, ma anche proponendo il cambiamento: “Studi recenti hanno calcolato che se le linee guida legate al consumo di carne venissero seguite in tutto il mondo, le emissioni di gas a effetto serra potrebbero essere ridotte del 29/45%. Ovviamente, ciò richiederebbe grandi cambiamenti nei sistemi alimentari globali”.
Lettera aperta all’OMS: bisogna affrontare il problema
Probabilmente non è un caso che il NYT si occupi di questo argomento in questo momento. Come già detto, si tratta di una richiesta diretta al nuovo direttore generale dell’OMS perché prenda in mano la situazione prima che sia troppo tardi. Per farlo, il quotidiano cita anche una lettera aperta firmata da 200 tra scienziati, politici ed esperti del settore – inclusi anche collaboratori del quotidiano – sul tema dell’industria della carne. In questa, si chiede all’Organizzazione Mondiale della Sanità di “riconoscere l’allevamento come una sfida per la salute globale”. Tanti gli obiettivi prefissati, tra cui vietare l’uso di antibiotici negli allevamenti, finanziare l’industria dei prodotti alternativi alla carne ma anche informare le persone sui rischi che il suo consumo comporta. Perché, sostengono, “mangiare gli animali potrebbe anche essere stato cruciale per la nostra sopravvivenza in passato. Ma adesso, ci sta uccidendo”.
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