Quali sono i tipi di allevamento presenti in Italia? È possibile sapere da che tipo di allevamento arrivano i prodotti di origine animale? Orientarsi non è semplice perché le normative sull’etichettatura sono complesse e non sempre complete. Ecco che cosa prevede le legge nel nostro Paese.
In linea generale, gli allevamenti possono essere distinti in:
- intensivo, caratterizzato da altissima densità, assenza o scarsità di luce naturale, mancanza di libertà di movimento e della possibilità per gli animali di esprimere i comportamenti naturali con conseguente sofferenza psicologica. Si tratta di un tipo di allevamento su vasta scala che segue dinamiche di tipo industriale caratterizzate da alta meccanizzazione dei processi e bassi requisiti di manodopera;
- estensivo al coperto, caratterizzato da minori densità rispetto a quello intensivo, più libertà di movimento e maggiore possibilità per gli animali di esprimere i propri comportamenti specie-specifici;
- all’aperto: l’accesso all’aperto agli animali rappresenta un fattore chiave dando agli animali la possibilità di vivere in condizioni più naturali e rispettose del loro benessere;
- biologico, caratterizzato da quelli che sono i principi dell’agricoltura bio, che prevedono l’applicazione di criteri specifici per la tutela del benessere degli animali (vita conforme alle esigenze specifiche delle singole specie, cura del benessere ed esclusione dell’uso preventivo di antibiotici e altri farmaci), oltre che l’impiego di pratiche rispettose dell’ambiente, della biodiversità e della salvaguardia delle risorse naturali.
A seconda delle specie animali, i tipi di allevamento vengono classificati secondo modalità diverse, che possono essere indicate o meno nelle etichette dei prodotti di origine animale. L’indicazione delle tipologia di allevamento in etichetta può essere volontaria o obbligatoria sulla base delle diverse Direttive emanate in materia dall’Unione Europea e delle normative che recepiscono tali direttive a livello nazionale. Per la maggior parte delle specie animali, però, non esiste alcuna regolamentazione in tal senso.
TIPI DI ALLEVAMENTO PER GALLINE/UOVA
- In gabbie arricchite (in Italia rappresentano il 65% del totale, circa 40 milioni su 62 milioni*);
- A terra;
- All’aperto.
Dal 2004 l’Unione Europea ha introdotto l’obbligo di etichettatura in base al metodo di produzione sui gusci delle uova. Da allora, la legge obbliga all’etichettatura di tutte le uova prodotte nella Unione Europea secondo questi codici:
- In gabbia: codice 3;
- A terra: codice 2;
- All’aperto: codice 1;
- Biologico: codice 0.
TIPI DI ALLEVAMENTO PER POLLI
- Intensivo (pari al 95% circa di 500 milioni di polli allevati in Italia all’anno*);
- Estensivo al coperto;
- All’aperto.
Per i polli, la legge prevede l’etichettatura volontaria secondo il metodo di allevamento distinguendo tra allevamento estensivo al coperto, all’aperto, rurale all’aperto e rurale in libertà.
TIPI DI ALLEVAMENTO PER SUINI
- Intensivo (il 99% di 10 milioni di suini allevati in Italia all’anno*);
- All’aperto.
Per i suini non è prevista alcuna etichettatura secondo il metodo di allevamento né obbligatoria né volontaria (la direttiva europea di riferimento prevede tuttavia densità riconducibili agli allevamenti di tipo intensivo).
TIPI DI ALLEVAMENTO PER CONIGLI
- In gabbia (intensivo, pari al 99% di 175 milioni di conigli allevati in Italia all’anno*).
Per i conigli non esiste normativa specie-specifica e né etichettatura volontaria secondo la modalità di allevamento.
TIPI DI ALLEVAMENTO PER VACCHE E BOVINI
- Intensivo (alla posta o con libera stabulazione, pari al 99% di 5 milioni di vacche e bovini allevati in Italia all’anno*).
Per le vacche da latte non esiste normativa specifica né etichettatura volontaria secondo la modalità di allevamento.
Per i bovini non esiste normativa specifica, come per le vacche, ma la possibilità di etichettatura volontaria per benessere animale e tipologia di allevamento.
PROVENIENZA e BIOLOGICO
Per quanto riguarda l’etichettatura dei prodotti di origine animale, ciò che obbligatoriamente deve essere indicato sono invece l’origine, il luogo di allevamento e di macellazione dei bovini. L’obbligatorietà di indicazione per quanto riguarda il luogo di allevamento e macellazione, ma non di origine, è stata recentemente estesa anche a suini, ovini, caprini e volatili. Nessuna indicazione obbligatoria è prevista invece per l’origine di conigli, cavalli, carni di maiale trasformate in salumi e prodotti a base di carne.
La produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti biologici sono regolamentate a livello europeo. La legge richiede il marchio UE in etichetta per i prodotti di origine comunitaria che contengano almeno il 95% di ingredienti biologici.
LA BATTAGLIA PER L’ETICHETTATURA OBBLIGATORIA
L’etichettatura secondo il metodo di allevamento è di fatto obbligatoria a livello europeo dal 2004 solamente per le uova. E’ per questo che da anni molte associazioni che si battono per la tutela del benessere animale, ma anche dei consumatori, chiedono all’Europa una presa di posizione a favore dell’etichettatura obbligatoria per tipologia di allevamento anche per tutti gli altri prodotti. “I cittadini chiedono insieme a noi un’etichettatura secondo il metodo di allevamento per avere finalmente la possibilità, da consumatori, di scegliere un’alternativa più etica e sostenibile, senza rischiare di essere preda di comunicazioni fuorvianti”, spiega Annamaria Pisapia, direttrice di Ciwf Italia, associazione che si occupa di promuovere pratiche di allevamento rispettose del benessere degli animali. Il perché è chiaro: fino a quando l’etichettatura secondo il metodo di allevamento rimane volontaria, è verosimile che solo i prodotti ottenuti secondo standard più elevati di benessere animale saranno etichettati. “Per garantire che la carne allevata in modo intensivo sia identificata come tale, è necessaria un’etichettatura obbligatoria”, ribadisce Pisapia. “I consumatori hanno un grande potere, quello di influenzare con le loro scelte il metodo di produzione, migliorando così la vita di milioni di animali”.
* i dati sono riconducibili a statistiche elaborate da Ciwf Italia. Nel caso del numero di galline l’elaborazione è condotta su dati della Direzione Generale Agricoltura dell’Unione Europea.
Silvia De Bernardin