Nel 2003 erano i pesci pagliaccio a essere a rischio, oggi sono quelli chirurgo. Si tratta delle due specie di pesci a cui appartengono i simpatici e coloratissimi protagonisti del film d’animazione Disney Pixar Alla ricerca di Nemo e del suo sequel in uscita Alla ricerca di Dory.
L’allarme per l’impennata di richieste di Paracanthurus hepatus (o pesce chirurgo blu) arriva dalle Ong statunitensi Humane Society International, Center for Biological Diversity e For the Fishes, che ricordano anche come questo tipo di pesce non possa essere allevato, ed è quindi sempre catturato dalle barriere coralline di Filippine e Indonesia, spesso usando del cianuro che distrugge nel contempo i coralli e la fauna marina attorno. Inoltre si tratta di una specie assolutamente incapace di vivere in un acquario perché necessita di condizioni ambientali non replicabili in casa (prima fra tutti un acquario di almeno 700 litri di capienza).
Come ha affermato Rene Umberger di For the Fishes: “Alla ricerca di Nemo ha creato apprezzamento per la diversità della vita marina, e fatto sì che molte persone realizzassero l’impatto negativo della cattura. Purtroppo ha anche avuto l’effetto di aumentare la richiesta da parte di alcuni consumatori”.
Abbiamo raggiunto la psicologa Annamaria Manzoni, psicologa e studiosa della cultura vegan per farle alcune domande sul tema
Sono sempre educativi i cartoni animati che hanno come protagonisti gli animali? I genitori come dovrebbero comportarsi?
“La responsabilità, come sempre, è soprattutto degli adulti: è normale che un bambino, a seconda della sua età, si affezioni all’animale rappresentato, a maggior ragione se con fattezze e atteggiamenti accattivanti. La sua richiesta di possederne uno può anche essere naturale, ma saranno i genitori a vagliare la fattibilità della cosa e a dare le spiegazioni conseguenti. A partire dal fatto che gli animali non sono cose, e quindi non vanno posseduti, ma rispettati nel loro ambiente. Se si tratta di animali con cui si può convivere senza nuocere loro, come nel caso di cani e gatti, ancora una volta saranno gli adulti a doversi proiettare in avanti per decidere se loro per primi saranno in grado di gestire la situazione. Non bisogna dimenticare che a volte i genitori invece sono i primi ad essere solleticati dall’idea , che proiettano sui figli. Il caso de La carica dei 101 è stato emblematico: una volta esaurita l’ebbrezza di vivere come in un film, si registrarono abbandoni a non finire”.
Dopo l’uscita de Il re leone, un biologo ha citato in tribunale la Disney per diffamazione poiché le iene venivano dipinte come animali cattivi. Non è rischioso, secondo lei, attribuire in modo stereotipato a determinate specie animali i ruoli da protagonisti buoni o cattivi?
“Di sicuro i cartoni animati sono un mezzo potente di avvicinamento dei bambini al mondo animale, perché sono straripanti appunto di animali, in genere antropomorfizzati nell’aspetto, nelle emozioni e nei sentimenti. La loro caratterizzazione come buoni o come cattivi ha una grossa presa sui bambini e aiuta a costruirne la rappresentazione.
Peraltro al fenomeno non sono estranei nemmeno gli adulti, non poco sensibili e manipolabili, come dimostrato in occasione dell’uscita del film Lo squalo, che determinò una vera e propria ondata di reazioni di allarme rispetto a questo animale. Quello che gli adulti fanno è presentare ai bambini gli animali così come loro li hanno in testa, non in modo corrispondente alla verità delle cose. Le conseguenza sono logiche: i bambini apprendono quello che viene loro insegnato; gli animali spesso ne pagano il prezzo”.
Serena Porchera