Lo yoga è una pratica millenaria, un percorso spirituale che fa bene a corpo, postura, respiro e spiritualità; se praticata con dedizione e costanza ha degli effetti benefici straordinari sulla mente e sul corpo di chi la pratica. Lo yoga ha anche un legame importantissimo con l’alimentazione, quasi obbligatoriamente vegetariana, secondo il principio fondamentale di non violenza e di rispetto per ogni essere vivente. Abbiamo chiesto a Flavia e Chiara, fondatrici di YogAnima e insegnanti di yoga, alcuni chiarimenti proprio sul rapporto tra alimentazione e yoga.
Cosa hanno in comune yoga e veganismo/vegetarianismo?
FLAVIA: In linea strettamente teorico/filosofica potrei dire che hanno in comune la “non violenza”. Ahimsa, uno dei pilastri delle linee guida di condotta di vita yogica dalla tradizione indiana, prevede appunto che non venga fatto alcun male il che implica ovviamente il non uccidere per nutrirsi. A livello personale invece io credo che molti che seguono uno stile di vita yogico sviluppino, come è accaduto a me, una sensibilità diversa verso il mondo che li circonda quindi la scelta vegetariana vien da sé, con naturalezza. Ad un certo punto pensare di mangiare morte e violenza diventa intollerabile.
CHIARA: Direi che semplificando un po’ le cose si potrebbero considerare due stili di vita che abbracciano la medesima filosofia in molteplici aspetti. Da oltre 7 mila anni lo yoga – che è una disciplina e NON una religione! – ha posto l’attenzione sulla necessità di non nutrirsi di cibo senziente privilegiando una dieta latteo-vegetariana.
E’ necessario diventare vegetariani per rispettare l’ahimsa e praticare lo yoga al meglio?
FLAVIA: Per rispettare il principio di ahimsa sicuramente sì, per praticare lo yoga al meglio anche, visto che la carne appesantisce il corpo con una digestione molto più lunga e con tossine da smaltire in quantità maggiore rispetto ad una dieta vegetariana. Il corpo per lo yogi è un tempio e come tale va trattato, con il dovuto rispetto e una particolare attenzione verso la propria dieta. Un corpo in forze e nutrito in maniera leggera diventa uno strumento migliore per la pratica delle asana.
CHIARA: Nel linguaggio comune “fare yoga” significa limitarsi a fare le asana (cioè le posizioni dello yoga); ma lo yoga va molto oltre l’aspetto fisico per cui direi che ognuno può rispondere a questa domanda facendo appello alla propria consapevolezza e a seconda di cosa vuole ottenere da sé e dalla pratica. Il concetto di ahimsa (cioè non infliggere dolore) in relazione al cibo può essere spiegato in questo modo semplice e diretto: gli insegnamenti tradizionali ci dicono che, per quanto sia possibile, bisogna scegliere alimenti nei quali lo sviluppo della coscienza è relativamente minore; inoltre prima di uccidere qualsiasi animale bisogna considerare se sia possibile vivere in un corpo sano senza sacrificare queste vite. Ritengo che oggi, nel 2016, non c’è alcuna necessità di uccidere o sfruttare nessun animale per vivere in uno stato di completa salute.
Può considerarsi un vero yoghi chi mangia hamburger?
FLAVIA: Questa domanda è di difficile risposta. Secondo me no, però c’è chi lo fa, appellandosi a valori di libertà personale e di scelta comunque consapevole, ad esempio non facendolo spesso. Tutto sommato penso che nella società occidentale e moderna forse quasi nessuno può definirsi davvero “yogi” nel senso corretto del termine quindi, hamburger o meno, siamo tutti fuori dalla categoria.
CHIARA: Non mi sento di poter giudicare nessun aspirante yogi dal momento che la dieta non è l’unico parametro da “rivedere” nel momento in cui si decide di praticare con serietà e impegno. Tuttavia ammetto di conoscere ben pochi yogi che adottano ancora una dieta onnivora…
Quanto influisce una dieta priva di carne sui risultati fisici e spirituali che la pratica dello yoga garantisce?
FLAVIA: Vorrei soffermarmi su questa risposta in merito a un aspetto prettamente psicologico, visto che quello fisico tutto sommato varia da persona a persona. La carne aumenta il tasso di aggressività e in generale posso notare che chi si rifiuta o non è ancora arrivato al punto di abbandonare la carne spesso ha degli schemi mentali che girano ancora molto su cardini negativi quali attaccamento o appagamento dei sensi. Nello yoga sono necessari la disciplina e la quiete per arrivare a livelli accettabili della propria pratica e questi non sono possibili se la mente è ancora imbrigliata in schemi di livello così “materiale” (e per di più dannosi) come “la voglia di un determinato cibo”. E qui non intendo solo la carne, ma anche gli zuccheri o tutti quegli alimenti superflui, dannosi o “junk” che a tante persone provocano un particolare appagamento sensoriale. Finché non c’è una serena scelta alimentare basata solo su cosa è giusto mangiare per essere sani e in forze il cammino yogico vero è una strada ancora troppo dura e probabilmente fuori portata.
CHIARA: Una dieta vegetariana priva di acidi urici aiuta ad avere performance fisiche decisamente più elevate e può essere di grande aiuto al raggiungimento di uno stato meditativo più profondo e consapevole. Su di me la differenza tra il prima e il dopo è stata evidentissima.
Come può quello che mangiamo influenzare il nostro benessere spirituale?
FLAVIA: Ciò che mangiamo influenza ogni nostra singola cellula, mi pare quindi ovvio che più nutriamo il nostro corpo con amore e cibi adeguati più tutte le parti di noi stessi possono avere una buona base di partenza per un lavoro di crescita. Inclusa quindi la nostra parte spirituale. Lo yoga insegna che siamo corpo, mente e spirito. Se il corpo è danneggiato, lo spirito è danneggiato.
CHIARA: Questa domanda richiede una risposta complessa e cerco di sintetizzare: la tradizione degli antichi yogi afferma che ogni cosa nell’universo – sia animata che inanimata – possiede tre attributi cosmici: Sattva Guna (l’attributo della consapevolezza); Raja Guna (l’attributo della dinamicità); Tama Guna (l’attributo della staticità e dell’inerzia).
Dunque anche il cibo possiede questi 3 attributi energetici:
1. riconosciamo un “cibo sattvico” che è quello consigliato ai praticanti di yoga perché considerato benefico per mente e corpo: non è frutto di violenza e non contiene ormoni, né farmaci (generalmente somministrati ad un animale allevato) e nemmeno acidi urici che possono influenzare il normale meccanismo psico-fisico dell’uomo. In questa categoria troviamo: cereali, frutta, verdure, alghe, spezie, legumi e anche latticini. Specifico però che i formaggi con le muffe (come il gorgonzola) sono vivamente sconsigliati.
2. Poi abbiamo il “cibo rajasico” che è benefico per il corpo ma neutrale per la mente (es. caffè, tè nero, cacao).
3. Infine abbiamo il “cibo tamasico” che è considerato dannoso per la mente e per il corpo (carne, pesce, uova, funghi, droghe e muffe). Questi alimenti tamasici alterano lo stato di coscienza oppure influenzano i processi bio-psicologici dell’uomo pertanto non solo sono dannosi per la mente e per il corpo ma, poiché per la maggior parte sono il risultato di un atto di violenza, sono in contrasto con la pratica dell’ahimsa. Le mucche maltrattate e intossicate producono un latte in cui prevale energia tamasica. Lo yoga è primariamente un percorso interiore dove la mente esprime esteriormente la sua evoluzione sul piano emotivo, sentimentale, razionale, intuitivo ed eventualmente anche spirituale. Lo yogi non dovrebbe costringersi all’idea di rinunciare ad alcuni cibi ma bensì liberarsi dal costume (fondamentalmente culturale) di mangiare gli animali. La vita è un bene per ogni essere e nessuno la regalerebbe per diventare un pasto.
Quali alimenti sono da sconsigliare o evitare per fare correttamente yoga?
FLAVIA: Nella tradizione solo la carne. Io aggiungerei anche latticini e zuccheri raffinati. In generale ogni cibo che appesantisce e ovviamente anche alcolici e caffeina.
CHIARA: Indubbiamente il terzo gruppo, il cibo tamasico.
E quali quelli consigliati?
FLAVIA: Frutta e verdure fresche, cereali integrali, frutta secca. Io seguo molto le linee guida della macrobiotica ad esempio.
CHIARA: Il cibo sattvico.
3 consigli per chi vuole cominciare a praticare la disciplina?
FLAVIA
1. non avere fretta di vedere i risultati, lo yoga è un cammino lento e progressivo;
2. praticare con costanza, solo la pratica quotidiana produce risultati;
3. lavorare molto sul proprio ego e sulla disciplina della mente. Spesso siamo noi stessi i nostri peggiori nemici: liberarci della presa che hanno i nostri pensieri negativi e limitanti è una chiave di progresso, yogico e umano.
CHIARA: Consiglio di “lavorare” su queste 3 cose: praticare il non-giudizio, sviluppare l’empatia e coltivare l’accettazione. La pratica farà il resto.
Consigliateci un libro da non perdere per iniziare a capire qualcosa in più sullo yoga…
FLAVIA: consiglio caldamente quello che ha indicato Chiara ed aggiungo “L’albero dello yoga” di B.K.S. Iyengar, semplice, chiaro ed esaustivo su tanti punti yogici fondamentali.
CHIARA: direi, “Imparo lo Yoga” di Van Lysebeth
Serena Porchera