Vegolosi

Agnelli di peluches di fianco alla carne al supermercato di Roma

Sono esposti lì i peluches degli agnellini, a cavalcioni del banco frigo, mentre sopra le loro testoline di peluches, campeggiano i vassoi di polistirolo in cui si vendono altri agnelli (veri), pronti per le tavole della Pasqua. La foto, pubblicata su Facebook da un’utente romana, mostra il reparto carne di un supermercato della capitale allestito in occasione delle imminenti festività.

Che cosa succede, quindi? Perché questa immagine crea un cortocircuito nella nostra mente? Le risposte possono essere diverse. Sicuramente il primo “problema” è dato dalla visualizzazione dell’animale “intero” e in un contesto di gioco e tenerezza: qualsiasi bambino, quando ha per le mani un giocattolo di questo tipo tende a prendersene cura, facendolo diventare oggetto primario di attenzione, donandogli con la sua immaginazione, personalità e carattere. La cultura, la tradizione della nostra alimentazione (quella che la psicologa Melanie Joy chiama “carnismo” ossia quel sistema di credenze che ci condiziona nel mangiare certi animali) da sempre crea una scissione netta e invalicabile fra quello che portiamo in tavola e quello che per noi è il mondo animale. Un esperimento televisivo di pochi giorni fa ha confermato questa teoria: Daniela Martani, vegana ed ex concorrente del Grande Fratello, ha portato in giro per le strade di Roma un piccolo agnello mostrandolo e facendolo coccolare ai passanti e chiedendo loro: “Lo mangerà ancora a Pasqua?“. I volti perlopiù smarriti dei passanti dimostrano che il collegamento non avviene se non davanti alla vera evidenza: la carne non è altro che il risultato dell’uccisione e della macellazione di un animale (più o meno cucciolo).

Quello che è accaduto nel supermercato a Roma, quindi, non è affatto diverso: è il portare alla luce un’evidenza che tale non è, ma solo a causa della nostra cultura e della mancata informazione e consapevolezza del consumatore. Ma come scrive Aldous Huxley “I fatti non cessano di esistere solo perché vengono ignorati”, perciò quando si palesano in modo anche inconsapevole certi cortocircuiti, come quello dei peluches a Roma, le reazioni sono di sdegno, oppure si grida al “cattivo gusto”. Esiste un solo cattivo gusto, però, ed è quello non non voler sapere. La consapevolezza, il conoscere i processi e l’affrontare le reazioni che arrivano dal nostro senso di empatia, sono necessarie.

Federica Giordani