Dopo una lunga attesa torna in attività la celebre Tonnara di Favignana, ma solo per finalità turistiche. Sono infatti passati nove anni da quando il rais di allora, Gioacchino Cataldo, calava l’ultima rete a mare sull’incontaminata isola delle Egadi, a largo della costa di Trapani.
Una storia infinita
La tradizione della mattanza del tonno, rigorosamente adulto, è storia millenaria: questo rito osannato già da Omero raccoglie anche l’appoggio degli ambientalisti, nonostante l’immagine cruenta del mare che si tinge di rosso quando il rais (termine di origine araba che significa ‘capo, comandante’) a poppa dà il là. La Tonnara di Favignana è gestita dalla famiglia Castiglione sin dal 1985, ma i fasti di un tempo sono lontani: da Regina del Mare (fu soprannominata così perché era la struttura europea più produttiva) al crollo nel 2007. La pesca incontrollata delle cosiddette tonnare volanti, reti a circuizione che inseguono i pesci, aveva infatti impoverito le acque: da qui la dismissione e la perdita delle ‘quote tonno’.
I dettagli e i problemi
Pur trattandosi di un sistema di pesca regolamentato per legge, mancano le quote dovute dal ministero delle Politiche Agricole. Al momento, il governo assegna quote solo a due strutture sarde, quella di Carloforte e quella di Postoscuso: in tutta risposta, la Regione Sicilia ha inoltrato richiesta formale al Ministero perché la storica attività possa riprendere. In cambio Stefano Donati, direttore dell’area marina protetta Isole Egadi, promette il rispetto assoluto delle linee guida di sostenibilità ambientale ed economica, con catture selettive e monitoraggio scientifico super partes.
A maggio lo spettacolo turistico
Dopo quasi dieci anni di inattività, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno i tonnaroti dell’isola, guidati dal rais Salvatore Spataro, offriranno ai visitatori una simulazione unica: i tonni catturati saranno liberati subito dopo proprio per non perdere l’agognato diritto alle quote di pesca. Alcuni evidenziano un paradosso: l’impresa Castiglione inscatola a Trapani il tonno yellofin che arriva dall’Atlantico e non può pescare il tonno rosso che è tornato a popolare il Mediterraneo. Ripopolamento che ha spinto l’Unione Europea ad innalzare quest’anno del 20% la quota di pesca concessa all’Italia.
L’ok degli ambientalisti, ma…
Marco Costantini, responsabile del Programma mare del Wwf, rivela al Corriere: “L’importante è che si rispettino le quote stabilite dal ministero, i piani di gestione e le indicazioni che arrivano a livello europeo”. Anche Serena Maso, campaigner mare di Greenpeace Italia, si dichiara favorevole alla storica mattanza: “La morte del tonno è molto più rapida di quanto possa sembrare. È un sistema selettivo, vengono uccisi solo gli esemplari che hanno raggiunto la maturità sessuale, e non vengono toccate le specie di altro tipo”. Questo tipo di pesca, detta collaterale, intacca ‘solamente’ i tonni, ma è appunto sempre meno praticata. Il Ministero favorisce infatti altri tipi di pesca: oltre il 74% è riservato alle reti a circuizione (le cosiddette tonnare volanti che intercettano e inseguono i pesci). Cosa comportano? Una pesca generale che raccoglie specie non vendibili che vanno a costituire scarto, mammiferi marini, tartarughe, tonni a pinna gialla e tonni obesi.
Come racconta il documentario Cowspiracy, ogni giorno nel mondo vengono pescate 90 milioni di tonnellate di pesce: per ogni mezzo chilo di pesce pescato, 2 kg circa di specie marine selvatiche e non destinate al commercio vengono catturate e uccise nelle reti, generando un tasso di conversione del tutto squilibrato. Anche questo, forse, merita di essere raccontato: altrettanto potrebbero (o dovrebbero?) fare le associazioni ambientaliste come Greenpeace e Wwf.
Yuri Benaglio