Non si parla molto di spreco alimentare in Italia, non tanto per “omertà” (o almeno non solo), bensì perché è difficile mettere insieme i dati. E’difficile stabilire quanto e quale è il cibo che viene sprecato, ossia che è ancora adatto per l’uso alimentare ma non è più vendibile come merce.
Un dato molto interessante è quello relativo alla differenza in base all’impatto ambientale dello spreco, fra ortofrutta e carne. Come è possibile vedere dalla grafica, la quantità di frutta e verdura che viene sprecata in Italia all’anno è di gran lunga superiore a quella della carne, ma l’impatto ambientale dello spreco di carne è enormemente maggiore, perché la produzione costa cara, in termini di risorse, di forza lavoro e di impatto sul nostro ecosistema.
In “Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo” di Andrea Segrè e Luca Falasconi, il ritratto che emerge del nostro Paese non è confortante, anzi. Si calcola che l’industria agroalimentare sprechi 2 milioni di tonnellate di prodotti all’anno, il tutto partendo dalla raccolta fino ad arrivare alla commercializzazione. Si spreca quando si raccoglie perché spesso è meno costoso lasciar marcire frutta e verdura piuttosto che raccoglierla, si spreca durante la produzione perché le aziende scartano molti prodotti, alcuni si rovinano e diventano invendibili, si spreca con la distribuzione e, infine, si spreca nel frigorifero di casa perchè acquistiamo troppo e di fretta.
Quello edito da Edizioni Ambiente è un libro interessante, ricco di dati e che propone un’analisi davvero meticolosa della questione “spreco”. Un po’ di consapevolezza in più sulle cifre ci renderà, si spera, consumatori più attenti.
Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo A. Segrè e L. Falasconi Edizioni Ambiente euro 12,00