Cosa si nasconde dietro la storica coesistenza dell’essere umano con l’essere animale? La riflessione su questo tema è lunga secoli, ricca di argomentazioni, spunti e prospettive: dalla filosofia alla giurisprudenza, i campi scandagliati sono innumerevoli. Quella che vi vogliamo raccontare oggi è una riflessione fatta di immagini e poesie, espressioni artistiche che hanno dato forma al libro “Di bestie e animali“, pubblicato da “Contrasto” e nato dall’unione delle foto di Ferdinando Scianna e dalle parole del poeta Franco Marcoaldi, diventato anche uno spettacolo teatrale in scena il 19 aprile a Roma nel teatro di Villa Torlonia.
Nell’interstizio
Tra bestia e animale, si muove l’umano.
O quel che ne resta.
Qual è la distanza fra questi due mondi? La bestia è l’essere vivente che viene definito per la sua specie, con una vita autonoma svincolata dallo sguardo e dalla categorizzazione assegnatagli dall’uomo; l’animale invece è l’essere vivente che viene definito non in quanto tale ma in base al rapporto che l’uomo instaura con esso, o meglio in base al ruolo che l’uomo ha deciso di riservargli. Durante un’intervista Marcoaldi spiega:
Il titolo di questo libro è felice perché restituisce in modo icastico l’idea di doppio sguardo e di incroci infiniti perché gli universi non sono separati. Due modalità diverse di relazione tra l’uomo e queste creature così vicine e abissalmente lontane da noi
L’uomo trasforma le bestie in animali per cercare di capirli meglio? E ancora, è dall’incomprensione che nasce la sua volontà di assoggettare gli animali al proprio sguardo?
Uno sguardo antropocentrico
Il volume pone l’accento sull’incapacità dell’uomo di concepire l’animale al di fuori della propria visione, per questo motivo è portato ad assoggettarlo alle proprie regole. Le fotografie mostrano animali condotti nel nostro mondo per gli scopi più diversi: uccisi per essere mangiati, utilizzati per il trasporto, addomesticati. Negli scatti incontriamo anche animali di peluche, pecore che invadono le piazze, cammelli che dormono sulla sabbia come i loro padroni e cani portati in motorino. Sembra che tracciare un confine tra bestia e uomo sia quasi impossibile perché la “bestia” si trasforma, una volta venuta a contatto con la percezione umana, sempre in “animale”.
Lo sguardo antropocentrico che delinea i confini dell’essere animale sembra darci il diritto di scegliere il loro destino, il loro “ruolo” e “scopo” nella nostra società. Riflessioni di questo tipo non sono di certo isolate, molti artisti hanno cercato di costruire un discorso per immagini su questo tema. Emilio Vavarella, giovane artista, ha deciso di proporre una visione non antropocentrica del nostro rapporto con gli animali realizzando il documentario “Animal Cinema” in cui i registi sono gli animali stessi. Troppo spesso gli animali sono stati assoggettati al volere dell’uomo che ha finito per riflettere sè stesso in quest’ultimi, dalle tradizioni assurde fino ai like sui social passando per l’intrattenimento e il divertimento nonché per la cucina.
Dalla relazione d’amore allo sfruttamento: come si sceglie?
Quello restituito dalla fotografie è un universo immenso che tocca ogni ambito del rapporta uomo-animale e uomo-bestia, da quello di affetto a quello di sfruttamento, passando, senza soluzione di continuità dalle immagini di gatti sulle scale di un abitazione a quello di un polpo appena pescato. Secondo quale criterio l’uomo sceglie il destino di un animale rispetto ad un altro? Nel libro emerge chiaramente anche come la disperazione e il dolore davanti alla morte di un animale scaturisca solo dalla sua conoscenza: così, si prova grande sofferenza per la morte di un cane al quale si è dato un nome e non ci si pone limiti nell’uccidere regolarmente (in modo diretto e non) animali per cibarsene.
Potrai pescarmi, infiocinarmi, sbattermi
per terra, bollirmi, tagliarmi,
speziarmi e poi servirmi al tuo
desco conviviale. Ma non saprai
mai nulla del mistero che celano i miei occhi
In fin dei conti quelli raccontati dalle foto e dai versi sono tutti animali che conducono vite diverse perché decise dall’uomo. Ma nonostante ci impegniamo così tanto ad assicurare ad ogni animale la sua categoria, di ingabbiarli in schemi e concetti, per noi resteranno sempre un enigma. Togliendoli dal loro stato di natura, l’uomo non risolve il mistero ma lo aggira soltanto, portando avanti una mera illusione. In tutto questo, il vero problema non è quello di non aver compreso l’animale ma la convinzione di averlo già capito semplicemente assoggettandolo.
L’enigma del cane:
Il problema non è tanto
che io parlo e lui non mi capisce.
Semmai il contrario: il vero enigma
è il cane, che tutto sa di me
e mai ne riferisce.