Essendo la scelta vegana molto spesso dettata da motivazioni etiche e volta ad eliminare totalmente la propria partecipazione allo sfruttamento animale, raramente essa si ripercuote soltanto sull’alimentazione: molti vegani, infatti, decidono di utilizzare anche abbigliamento vegan dicendo addio a lana, pelle, seta, piume d’oca oltre che, naturalmente, a inserti di pelo e di pelliccia. Una delle domande più gettonate sul mondo “veg” – seconda forse solo a quella su cosa mangiare al posto della carne – è proprio quella che riguarda l’abbigliamento: ma cosa indossano i vegani?
Al posto della pelle
Uno dei tessuti di origine animale più utilizzati in assoluto nel mondo della moda è sicuramente la pelle (nota anche come cuoio), utilizzata praticamente ovunque: borse, scarpe, cinture, giacchini, guanti, dettagli di abiti e accessori. Anche se a volte può sembrare un po’ complicato, è possibile comunque trovare sul mercato capi realizzati con materiali simili alla pelle per consistenza e resa, ma assolutamente cruelty-free: parliamo della cosiddetta similpelle – da non confondersi, invece, con l’ “ecopelle”, che è pelle animale conciata con metodi a ridotto impatto ambientale – un materiale resinoso o plastico resistente e in tutto e per tutto simile alla pelle animale. È sempre bene, per non confondersi, prestare attenzione alle etichette (se troviamo la sigla UNI 11427 siamo di fronte a “ecopelle”, per esempio) ma anche il costo viene in nostro soccorso: i capi in similpelle sono molto più economici di quelli in cuoio, naturalmente; ormai quasi tutti i negozi propongono alternative cruelty-free alla vera pelle e online sono ormai tantissime le proposte tra cui scegliere. Recentemente, inoltre, abbiamo visto come sempre più aziende puntino sulla pelle cruelty-free: pensiamo, ad esempio, alla pelle a base vegetale usata per produrre scarpe e borse oppure al materiale simile al sughero impiegato in Germania per realizzare giacche da motociclista ecologiche e vegan. Delizioso anche il tessuto simile alla pelle realizzato a partire dagli scarti degli ananas. Gli studi sulle alternative alla pelle sono molti, c’è anche chi l’ha sostituita, per esempio, con la lavorazione di foglie di albero: bellissime e resistenti. Per come stanno andando le cose siamo certi che manchi davvero poco al momento in cui sarà facile reperire capi in “pelle vegan” belli e alla portata di tutti.
Al posto della lana
Sebbene molti possano pensare che la lana sia prodotta senza alcuna sofferenza, la realtà è ben diversa: la tosatura, infatti, avviene spesso in maniera cruenta e dolorosa senza alcun riguardo per gli animali. Ma anche qui, è sufficiente armarsi di un po’ di pazienza e attenzione per trovare facilmente sciarpe, cappelli, guanti e maglioni cruelty-free: come sempre è bene buttare un occhio all’etichetta, perché spesso anche in abiti apparentemente realizzati con altri materiali si può nascondere anche una certa percentuale di lana. E in questo caso abbiamo davvero l’imbarazzo della scelta! Pile, flanella, velluto, ciniglia, acrilico e modal sono solo alcuni dei materiali alternativi alla lana e che, oltre a essere totalmente cruelty-free, spesso hanno anche una resa migliore in termini di resistenza e calore (oltre che, certamente, un prezzo molto più basso).
Al posto dei piumini
Anche giubbotti e giacconi possono nascondere sfruttamento animale: l’operazione di spiumaggio, infatti, è tremendamente dolorosa per le oche e comporta sofferenze atroci che vengono reiterate nel tempo fino al momento in cui, troppo provati per continuare a essere utilizzati per il loro piumaggio, questi animali non vengono infine macellati. Solitamente è facile riconoscere giubbotti e giacconi imbottiti con piume d’oca, anche perché spesso riportano delle etichette contenenti un campione delle piume utilizzate all’interno. Fortunatamente giacche e giubbotti cruelty-free con imbottitura sintetica sono caldissimi e morbidi, e ormai facilmente reperibili in qualunque negozio di abbigliamento. Ci sono anche aziende che hanno puntato tutto sull‘alternativa vegan alla piuma d’oca , creando alternative validissime come il Plumtech.
Al posto della seta
Anche la produzione di seta nasconde sofferenza: i bachi vengono infatti bolliti vivi per ottenere i bozzoli interi dai quali ricavare lunghi fili di seta. Ma le alternative veg-friendly, per fortuna, esistono: viscosa e rayon, per esempio, sono sul mercato ormai da tanto tempo ma le aziende stanno lavorando per produrre materiali sempre più innovativi e totalmente sintetici come come il BioSteel oppure la “seta vegana” che viene realizzata con il filo di seta ricavato dai bachi rotti dopo la fuoriuscita della farfalla.
Al posto delle pellicce (e degli inserti)
Le pellicce sono uno dei capi più controversi del mondo della moda, che da sempre trova tanti sostenitori così come accaniti oppositori, probabilmente anche perché si tratta di uno dei capi di abbigliamento realizzati nella maniera più crudele possibile: gli animali vengono privati della pelliccia ancora vivi, spesso solo intontiti con un colpo in testa, ma assolutamente coscienti al fine di preservare la lucentezza e la vivacità di colore del pelo, per poi essere lasciati morire agonizzanti fra atroci sofferenze. Molta attenzione anche agli inserti in giacche, cappotti e borse con pellicce realizzate con cane o gatto. Le riconoscete se nelle etichette trovate, per i cani: Asian jackal; Asiatic racoonwolf; Asian wolf; Cane procione; Cane selvatico; Corsak; Corsak fox; Dogaskin; Dogue of China; Finnracoon (asiatico); Fox of Asia; Gae wolf; Gubi; Kou pi; Lamb skin; Loup d’Asie; Lupo Asiatico; Lupo cinese; Murmanski; Nakhon; Pemmern wolf; Procione asiatico: Sakhon; Sobaki; Special skin. E’ pelliccia di gatto, invece, se in etichetta c’è scritto: Gatto di Cipro; Gatto Lyra; Genette; Housecat; Katzenfelle; Lipi; Mountain cat; Wildcat; Special skin.
Dopo che anche alcuni grandi stilisti del calibro di Giorgio Armani hanno detto “basta” alle pellicce e dal momento che gli inserti di pelliccia risultano comunque essere sempre molto “trendy”, le aziende di moda di tutto il mondo – dai brand più lussuosi a quelli più economici – si sono attrezzate per produrre sempre più “pellicce veg-friendly” assolutamente sintetiche ed ecologiche. Anche qui è bene controllare sempre l’etichetta dei capi che vogliamo acquistare, ma per essere certi che gli inserti di pelo siano realmente sintetici dovrebbe essere sufficiente osservarli attentamente e toccarli: la pelliccia sintetica è di solito meno lucida di quella vera e al tatto risulta essere meno morbida e liscia (oltre che, anche in questo caso, decisamente più economica!).