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Margarina: che cosa è, l’idrogenazione, la questione dei grassi trans e come orientarsi all’acquisto

Forse lo avrete notato: sui banchi dei supermercati è praticamente impossibile trovare chiaramente espressa la dicitura “margarina” sulle confezioni (vaschette o panetti) di grassi vegetali solidi. Eppure esistono, eccome, e vengono usati non solo nella cucina casalinga ma anche in quella industriale. Perché? La storia è facile ma affonda le sue radici al tempo di Napoleone III ed ha a che fare con la presenza (tempo fa) in questo prodotto dei dannosi grassi trans e della damnatio memoriae ad essi riservata.

Che cosa è la margarina?

La margarina è un grasso alimentare costituito da due parti, quella lipidica e quella acquosa, un’invenzione culinaria nata come un sostituto del burro durante il regno di Napoleone III. Il presidente della Repubblica francese, infatti, indisse un vero e proprio concorso al fine di creare un sostituto del burro vaccino che fosse più economico e meglio conservabile, allo scopo di garantire un giusto approvvigionamento di grassi agli uomini al fronte. A vincere sulla concorrenza fu il chimico Hippolyte Mège-Mouriès che nel 1868 diede vita all’oleomargarina che si otteneva trattando il sego bovino con l’enzima della pepsina a 45°C. Insomma la margarina non è sempre stata sinonimo di “vegetale” come lo è ora.

Quando è stata inventata la margarina?

Poi arrivarono i guai. Nei primi anni del Novecento il chimico Wilhelm Normann brevettò un procedimento per idrogenare oli liquidi, dando inizio all’industria dei grassi idrogenati. Si partiva dai grassi polinsaturi (come l’olio di soia o di girasole) e aggiungendo del gas idrogeno con dei catalizzatori, si ottenevano dei grassi solidi la cui consistenza potesse ricordare il burro. In questo prodotto era assente il colesterolo e la quantità di grassi saturi era minore di quella presente del burro di origine animale. Anche se nel nostro paese non ebbe un grande successo, in altri stati come l’America o nel Nord Europa l’oleomargarina venne accolta con entusiasmo e presentata addirittura come alternativa salutistica al burro.

In questa margarina in panetto troviamo una componente grassa pari all’80%; il grasso saturo scelto è quello di palma insieme a quello di cocco. Il resto sono conservanti, acqua, sale e colorante: la margarina è naturalmente bianca ma per renderla più simile al burro alcuni produttori aggiungono dei coloranti naturali come il carotene.

Perché i grassi parzialmente idrogenati sono dannosi?

Solo decenni più tardi si scoprì che il processo di idrogenazione parziale dei grassi (ossia quello usato per produrre la margarina) comportava una trasformazione che dava vita a sostanza nocive: i grassi trans. Se il processo di idrogenazione dei grassi in sé non crea nessun guaio nutrizionale, quello che procurava grattacapi era il catalizzatore utilizzato nel processo che formava altre sostanze che normalmente non sono presenti: ossia i grassi trans il cui consumo determina gravi problemi a livello cardiovascolare. I grassi trans sono presenti anche naturalmente nella carne e nel latte ma in piccole quantità mentre nella margarine di quel tipo la loro quantità era altissima: fino ad 1/4 del peso totale prodotto.

A causa della pressione sociale, scientifica e delle agenzie di regolamentazione alimentare, lentamente, si passò alla creazione di margarine che non venissero realizzate con il processo di idrogenazione parziale. Ma il “danno” di immagine relativo alle margarine era fatto: vennero sempre associate ai grassi trans e al processo di idrogenazione anche se, di fatto, per la loro produzione si iniziò ad usare altri sistemi come l’uso diretto di grassi naturalmente parzialmente saturi come l’olio di cocco, quello di palma, il burro di cacao o quello di karité. 

Qui la quantità di grassi totale è del 40%, di cui il 23% è composta da olio di semi di soia, mentre la parte satura è data dalla presenza del burro di cacao. Il resto è composto da conservanti, acqua e vitamine. Non è presente il colorante.

La margarina fa male?

Le margarine che trovate in commercio ora sono praticamente tutte prive di grassi idrogenati e questo tipo di lavorazione viene segnalato chiaramente sulla confezione, il che le rende praticamente equivalenti al burro dal punto di vista nutrizionale, ma senza colesterolo e lattosio. Contengono, ovviamente, dei grassi saturi che sono la base per poter garantire la consistenza solida o semi solida che conosciamo. La margarina non idrogenata è ottenuta mediante frazionamento degli oli, ovvero un trattamento che implica l’uso della temperatura e della pressione, senza l’aggiunta di sostanze chimiche e in cui si separa la parte satura di una sostanza grassa da quella insatura.

Potrebbe capitare (anche se è raro) di trovare la dicitura (nell’etichetta degli ingredienti e riferita a grassi liquidi) di “idrogenazione totale”: questo procedimento permette di ottenere un grasso solido ma senza la creazione di grassi trans a differenza del processo di idrogenazione parziale.

In Italia le margarine di uso domestico sono vegetali e, a livello industriale, vi è una notevole eterogeneità. I lipidi utilizzati possono essere grassi monoinsaturi, grassi polinsaturi e grassi saturi in diversa proporzione, la componente satura è molto variabile in base al produttore: anche in questo caso potete verificarlo dalla confezione. Dovete verificare in che percentuale sono presenti nella margarina i seguenti grassi: l’olio di cocco, quello di palma, il burro di cacao o quello di karité.

Qual è la migliore margarina?

Per le ricette che prevedono la necessità di un grasso solido e che garantisca una certa resa in termini di friabilità, umidità e fragranza (pensiamo alle frolle, o ai crumble, per citarne solo alcuni) in redazione chef Sonia Maccagnola sceglie le margarine in vaschetta, ossia quelle che a temperatura ambiente hanno una consistenza decisamente morbida (come quella del burro vaccino a temperatura ambiente). Questa consistenza è data dal fatto che la percentuale di grassi (fra saturi e monoinsaturi) si aggira intorno al 50%. Il resto è costituito dalla parte acquosa (con vitamine, conservanti e, a volte, una piccola parte di coloranti naturali come il carotene). Quello che potete fare per scegliere una margarina che contenga meno grassi saturi (che, va ricordato, sono essenziali per la creazione di una margarina che sia tale) è sceglierne una che in etichetta riporti la presenza di un grasso vegetale saturo ma non troppo come il burro di karité.

A cosa serve la margarina vegetale?

Nella cucina vegana non si usano ingredienti di derivazione animale, perciò una parte delle funzioni chimiche svolte dal burro vaccino vengono sostituite dalla margarina: vediamo quali.

  1. Il grasso blocca la formazione del glutine: i grassi presenti nella margarina avvolgono sia gli amidi che le proteine presenti nelle farine impedendo meccanicamente che questi interagiscano con l’acqua, legandosi fra di loro e creando la maglia glutinica. Ecco perché nelle frolle vegan la cosa migliore per ottenere un risultato ottimale è usare le margarine e non l’olio che con i suoi grassi insaturi rende più “elastica” e leggermente “gommoso” il risultato. Lo stesso risultato lo otteniamo anche con altri grassi saturi al naturale ossia non inseriti nelle margarine (vedi tabella sopra).
  2. I grassi contribuiscono a sciogliere le molecole veicolando meglio i sapori nelle preparazioni. Esistono molecole aromatiche, infatti che sono solo, liposolubili.
  3. Areare il risultato: se sbattiamo la margarina a temperatura ambiente con lo zucchero, il primo incorporerà aria che garantirà la formazione di piccole bollicine che, in cottura e grazie anche alla presenza del lievito, aumenteranno di volume, rendendo il prodotto più leggero.
  4. Crea una struttura fine: la margarina in cottura si scioglie lasciando evaporare completamente la parte acquosa che lascia dietro di sé delle cavità; il grasso, invece, viene assorbito dalla farina.