Dalla notte dei tempi, superstizioni e credenze popolari fanno parte della storia di ogni popolo, toccando vari aspetti della vita quotidiana delle persone: spesso e volentieri si tratta di superstizioni innocue e quasi ingenue, come l’idea che rovesciare del sale sia presagio di sfortuna. Ma non è sempre così: fin troppo spesso, infatti, anche gli animali sono stati (o sono ancora) gettati in un calderone fatto di abusi, sofferenza e morte dettati da convinzioni frutto di ignoranza e scaramanzia.
È risaputo che i gatti – specialmente quelli neri – abbiano goduto nei secoli della fama di animali diabolici: nel Medioevo, durante la tristemente nota caccia alle streghe, venivano arsi vivi nelle piazze insieme alle donne accusate di stregoneria. Anche la sorte dei ricci, in passato, è stata segnata da convinzioni del tutto infondate: pensate che era credenza diffusa, infatti, che una volta bruciate, ridotte in cenere e mescolate con una resina, le interiora e le zampe di questi animali diventassero un buon rimedio per combattere la calvizie. Allo stesso tempo, era considerato di buon auspicio seppellire un riccio vivo tra le fondamenta di una casa in costruzione.
In epoca vittoriana, invece, esisteva la convinzione che una zampa di coniglio essiccata e inserita in un medaglione di argento diventasse un buon amuleto per combattere la sfortuna: inutile dire, dunque, che questi animali venivano cacciati a centinaia di migliaia ogni anno sia per la loro carne che per dare seguito a questa superstizione. Un destino certamente non migliore è toccato nei secoli anche agli stambecchi: era convinzione diffusa, infatti, che le loro corna polverizzate fossero un rimedio contro l’impotenza maschile; il loro stomaco, invece, era utilizzato per combattere la depressione, mentre si diceva che berne il sangue potesse aiutare a combattere problemi alle vie urinarie.
Spostandoci invece nel campo della cosiddetta medicina tradizionale, non possiamo non menzionare quella orientale, che da sempre sfrutta molte specie di animali diversi per curare tipologie di disturbi differenti; è bene ricordare, comunque, che la medicina ufficiale non considera questi rimedi come validi dal punto di vista scientifico. Tra gli animali ancora oggi più barbaramente sfruttati in questo settore, specialmente in Cina, ci sono certamente gli orsi: catturati e rinchiusi per anni in gabbie piccolissime, vengono tenuti in vita per ricavarne la bile, che viene estratta – tra grandi sofferenze – senza alcun tipo di anestesia. Secondo la medicina orientale, questo liquido aiuterebbe ad alleviare disturbi legati al fegato e agli occhi.
Anche le tigri, animali in via di estinzione, non sono solo vittime del bracconaggio ma anche di convinzioni mediche del tutto senza fondamento: in Oriente si crede che il pene di tigre abbia molteplici proprietà terapeutiche, ma in realtà molte parti del corpo di questo animale sono considerate preziose. Le zampe, per esempio, vengono consumate come rimedio contro l’insonnia, mentre il loro grasso è considerato una cura contro i reumatismi. Di recente PETA ha lanciato una petizione per dire “basta” allo sfruttamento degli asini nella medicina cinese: colpiti in testa con dei martelli, vengono poi sgozzati e lasciati morire per dissanguamento; lo scopo è ottenerne la pelle, che viene bollita per ricavarne una sorta di gelatina ritenuta utile per migliorare la circolazione sanguigna.
Inutile dire che questo elenco potrebbe continuare praticamente all’infinito, ma al di là di questo una riflessione è d’obbligo: mentre gli errori e le convinzioni del passato non possono essere cancellati, viviamo oggi in un’epoca in cui – grazie alle tecnologie e agli strumenti che abbiamo a disposizione – non è davvero più ammissibile un certo tipo di ignoranza. Se è vero che le tradizioni rappresentano l’identità di un popolo e devono essere salvaguardate, è forse anche vero che dovremmo conservarne solo la parte migliore, dicendo addio a quelle che continuano ancora oggi ad andare a discapito di migliaia di esseri innocenti in balia della supremazia umana.